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Channel: Passeggiate sulle montagne del Ticino
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Il laghetto di Cama, 26.09.2010

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Percorso effettuato: Cama, grotti (Q365) - alpe di Lago (Q1260) - ritorno per la stessa via.

Difficoltà: sentiero T2.

Dislivello: 1000 metri.

Lunghezza del percorso: 12 chilometri.

Sforzo equivalente: 22 chilometri.

Durata (incluse le pause): 6.5 ore.

Riferimenti: serie "Laghetti alpini della Svizzera italiana" , la ferrovia mesolcinese.

 

Quando la meteo manda tutto a monte... Il programma prevedeva l'ascensione al pizzo di Claro, programmata e pianificata da due settimane. Avevo già inviato gli inviti alle persone che si erano annunciate a suo tempo, organizzato il ritrovo, percorso, tempi, tutto. Poi, venerdi sera si mette a piovere in basso, e nevicare in alto, a partire da Q1900 (poco sopra la capanna Brogoldone, insomma). Piz Martun imbiancato, piz del Molinera pure, pizzo di Claro in vestito bianco su entrambi i versanti. Disdico tutto. La meteo prevede inoltre vento rafficato per domenica, per cui ci mettiamo il cuore in pace: per me, vento e montagna sono un pessimo abbinamento.

Domenica mattina ci alziamo, e il vento non c'è. Che femo? Come alternativa avevo già discusso con Rita la salita al laghetto di Cama, all'alpe di Lago. Ma si, va, andiamo.

09:20 Dopo gran girovagare per Cama e dintorni, a causa di una corsa di bici per ragazzi, strade sbarrate ogni dove, riusciamo ad arrivare al parcheggio dei grotti di Cama. Il vento ha pulito il cielo, azzurro che è un invito.

 

2010.09.26-Laghetto-di-Cama 7116 

09:30 Tutti in pista. Lungo il percorso si trovano diversi cartelli con la quota ed il toponimo del punto stesso. Il primo cartello è tutto un programma.

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In effetti il sentiero entra subito in un bel bosco di castagni, e si parte con gli scalini. Scalini lunghi, scalini corti, larghi, stretti, sconnessi e rifiniti. Scalini per 400 metri di salita circa. Ma in su va ancora: è la discesa il vero calvario... Il bosco è splendido, folto, vivo. I ricci sono ancora verdi, ci vorrà un po' prima che cadano e si possa fare incetta di castagne. Lo svantaggio è che il percorso è ben poco panoramico. Rare vedute sulla valle in alcuni punti dove la vegetazione si apre per pochi metri. Intanto Cama inizia ad abbassarsi.

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10:05 Abbiamo passato Pianella, punto in cui il sentiero è pianeggiante (si, per 15 metri), e arriviamo ad uno dei pochi punti di bella vista di questo tratto. Quasi alla nostra stessa altezza, la torre ed il campanile di Santa Maria Calanca.

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Ricordi dello splendio vagabondaggio in valle Calanca... Il bosco offre poco alla macchina fotografica, per quanto aguzzi gli occhi. Troppo tardi per i fiori, troppo presto per la sinfonia di colori autunnali. Ma non lasciarti ingannare: è un sentiero splendido, in certi punti rude per la roccia, in altri soffice come un tappeto persiano. Se non c'è afa, percorribile bene anche in estate, tutto al coperto dalla stecca del sole.

10:20 E' da un po' che tendo l'occhio, ci dovrebbero essere funghi... Finalmente uno, non di quelli che ti colpiscono per la loro bellezza.

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E li vicino, una bella piantina di rosa canina.

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10:30 Val de la Mola: qui più o meno finisce il tratto a scalini. Alla nostra sinistra, una valletta con un rivo che quando si gonfia deve essere pericoloso mica male. E poco oltre, il primo cancello, segno che da qui iniziava la zona dei pascoli. Il bosco è talmente fitto che diverse foto mi vengono mosse, a causa dei lunghi tempi di esposizione dovuti alla mancanza di luce.

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10:40 Il sentiero inizia a girare per entrare nella valle di Cama, col beneficio della scomparsa dei rumori del traffico. Lungo il percorso incrociamo un piccolo gregge di capre che vengono condotte al piano: stanno scaricando l'alpe. Poco oltre un punto di sosta. Leggiamo con interesse i nomi e le date incise sul tavolone di legno. Poi, tre giovani che scendono sospingendo due maiali di quelli neri, piccoli, tipo i maiali vietnamiti. Si fermano presso di noi, e ci annusano per bene: magari siamo delle patate, non si sa mai.

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Poco oltre riesco finalmente a sbirciare lungo la valle.

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11:05 Abbiamo passato quota 900, e il bosco subisce un cambiamento quasi repentino. Dal castagno si passa ai pini, folti anche loro. Il sentiero è tutto in ombra, non ostante la salita siamo vestiti bene per non avere freddo. Mi stupisce il fatto che il letto del fiume (siamo praticamente allo stesso livello) sia completamente asciutto.

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Da qui la pietra scompare quasi completamente, per lasciare posto alle radici e a bellissimi tratti morbidi di aghi di pino. Anche la pendenza è diminuita, ed il sentiero diventa più agevole.

11:35 Passata quota 1000, capisco perché il fiume sia in secca. Un sistema di canalizzazione imbriglia tutta l'acqua che scende, e probabilmente la forza all'interno di condotte, forse per la produzione di elettricità.

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In effetti, poco sopra, inizia la sinfonia dell'acqua.

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12:00 Il sentiero esce raramente dal bosco. Nei pochi punto dove non ci sono alberi, vediamo rustici e casolari, segno che le radure sono state create dalla mano dell'uomo, per far posto alle proprie attività.

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La maggior parte di queste costruzioni ormai sono diroccate.

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12:40 L'ultimo tratto spiana per salire nuovamente in continuazione. Hai sempre l'impressione di essere arrivato, invece manca ancora un po'. Alla fine ce la faccio anch'io, e chi trovo ad attendermi?

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Mi guardo in giro: il posto è semplicemente incantevole. La conca è allungata, con una bella corona di montagne che la chiude verso Sud. In mezzo il laghetto, ai bordi case praticamente nuove, ben tenute. Poca gente (salendo siamo stati sorpassati da meno di 10 persone), prato bellissimo sulla sponda dove siamo noi, quattro cavalli liberi.

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Notiamo la panca in riva al laghetto, e ci dirigiamo là per la pausa pranzo. Ci sediamo, e proprio di fronte a noi una cavalla.

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Estraiamo le vivande, e la cavalla decide che vale la pena di verificare se per caso abbiamo qualcosa di commestibile per lei. Come fai a non dare un pezzetto di pane ad un cavallo che ti viene vicino senza paura? Morale della favola: tutto il pranzo lottando contro la cavalla, che allunga il muso davanti a noi, dietro di noi, si strofina contro la mia guancia, tenta di assaggiare le cinghie dei nostri sacchi. Per finire in bellezza mi alzo, e con qualche pacca ben assestata sulla coscia riesco a farle capire che la festa è finita. Finalmente riesco a vedere davanti a me.

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13:30 Ora di ripartire. Mentre ci avviamo verso il sentiero, uno dei maiali che scendeva stamane arriva all'alpe, tutto solo. Avrà deciso che si stava meglio qui...

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Poco dopo arrivano diverse persone alla ricerca del maiale perduto... L'ha visto? Dov'è? Faccio il tifo per il maiale (spero che quando sarà sceso non finirà su di uno spiedo),

14:10 Eccoci nuovamente nello splendido bosco.

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15:20 Abbiamo iniziato il tratto a scalini, e sotto di noi si inizia a vedere Cama. I polpacci mi stanno interrogando, chiedendomi cosa cavolo sto loro facendo fare...

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15:35 Mentre scendiamo sentiamo il fischio di un treno. Ma si, è una locomotrice delle ferrovie della Mesolcina... Questo tratto ferroviario, in funzione fino agli anni '70, collegava Bellinzona a Mesocco. Dopo la chiusura (il servizio fu sostituito dai postali), alcuni amatori presero in mano la gestione, curando il tracciato e rimettendo in sesto il materiale rotabile. Ora il trenino percorre la valle fino a Cama alcune domeniche all'anno, e ti garantisco che è un'esperienza che vale la pena di fare (penso che l'anno prossimo organizzerò un'escursione per gli abbonati alla newsletter: a piedi da Castione a Cama, pranzo al grotto, e rientro con il trenino).

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Sembra quasi una foto scattata alla Swissminiatur...

16:00 Rientrati al parcheggio. Ci cambiamo, poi ci dirigiamo ad uno dei grotti di Cama per un succo di mele e gelato. Rita ed io discutiamo di salire un venerdi pomeriggio, dormire all'alpe, e salire fino al laghetto superiore, quello di Sambrog. In una giornata sola, per le nostre capacità, è un po' troppo, ma spezzando su due giorni si può fare sicuramente. Prima di partire, saluto al trenino che sta attendendo in stazione.

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Ed ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

Profilo
Clicka qui se vuoi vedere tutte le foto dell'escursione (non che ci sia qualcosa di speciale).

 


La via delle genti: il passo del San Gottardo, 10.10.2010

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Percorso effettuato: Airolo (Q1141) - passo del San Gottardo (Q2111) - Hospental (Q1452) - Andermatt (Q1436) - Göschenen (Q1102). Rientro ad Airolo con il treno.

Difficoltà: sentiero T2 fino ad Hospental, poi T1.

Dislivello: 1'300 metri.

Lunghezza del percorso: 25 chilometri.

Sforzo equivalente: 38 chilometri.

Durata (incluse le pause): 7.5 ore.

Riferimenti: il "Passo del San Gottardo" su Wikipedia.

Escursione in solitaria pianificata da molto tempo... Rita ha un impegno tutta la giornata, e da un bel pezzo mi sono messo in agenda questa passeggiata. Temo solo per la meteo, che sia già arrivata la neve in alto, o che piova. Invece da lassù mi assistono alla grande. Nebbioso nel tratto ticinese (che regalo splendido), bello dall'altra parte, e niente neve.

08:15 Dopo il caffé canonico, sono finalmente pronto per partire. Una nebbiolina avvolge tutto, visibilità qualche centinaio di metri. Splendido. Amo la nebbia, rende tutto magico, ti prepara ad incontri inaspettati, scopri le cose un poco alla volta, invece di vedere tutto subito.

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Ho preso con me le cartine, ma non penso ne avrò bisogno: mi sono guardato il percorso molte volte, è chiaro e semplice, non ci si può sbagliare. Prendo la strada che porta verso il centro di manutenzione della galleria stradale, poi inizio la salita lungo la strada asfaltata. Ad un certo punto vedo il cartello giallo, ben sopra di me, e nessun sentiero che vi arriva. Ahia, già sbagliato alla partenza... Fa niente. Decido di continuare lungo la carrozzabile, tanto so che il sentiero interseca la strada diverse volte salendo, prima o poi lo becco. Dall'altra parte della valle il caseificio di Airolo mi guarda...

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08:25 Airolo ormai resta in basso, e fra poco la nebbia me lo nasconderà del tutto.

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Un ultimo riflesso nell'acqua, prima di immergermi totalmente in questo mondo che mi ricorda Avalon.

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08:40 Curva, salita, e arrivo a Fondo di Bosco. Cartello giallo con l'indicazione del sentiero, non mi ero sbagliato.

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Pochi passi lungo il sentiero, passo una casa con quattro asini in giardino. Bisogna fare una deviazione per coccolarli, e deviazione sia. Si avvicina il primo, probabilmente l'individuo omega, quello che si manda sul campo minato per verificare la situazione. Quando gli altri vedono che la situazione si mette bene, ad uno ad uno arrivano tutti, ognuno mandando via quello che c'era prima. Razione per tutti, non c'è problema.

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08:45 Ormai sono nel paese delle fate. Rumori se ne sentono pochi, la nebbia ovatta i suoni. Il sentiero si apre davanti a me, poco alla volta, per richiudersi dietro: forse non è possibile tornare sui propri passi. I primi colori d'autunno rallegrano il percorso.

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Poi, l'incontro con la strada della Tremola, ancora in pavé per buona parte. Tutti sanno che esiste, pochi sanno come arrivarci. Strada che portava tutto il traffico fino agli inizi degli anni '70, chiusa in inverno (si caricavano le auto sui treni navetta per passare la galleria ferroviaria), e oggi percorsa da pochi amanti.

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Poco distante una deponia di sassi cubici, probabilmente il materiale utilizzato per la manutenzione.

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09:15 Il sentiero è salito bene, ma con pendenza accettabile. Spesso ho visto porticine nella roccia, parte probabilmente del sistema difensivo denominato "Ridotto nazionale". Adesso mi si presenta un manufatto in mezzo al sentiero, probabilmente non sono lontanto da Motto Bartola.

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Salita su di un piccolo poggio, curva a sinistra e discesa, e in effetti sono arrivato a questa installazione militare. Una volta qui aveva sede la scuola reclute della fanteria (il CAR, Centro Addestramento Reclute come si dice in Italia), oggi invece credo vi sia la scuola reclute dei sanitari.

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In alto, il ristorante Bellavista (oggi il nome non è meritato). Dovrebbe trovarsi a circà metà altezza tra dove mi trovo ed il passo: mamma mia, quanta salita ancora. Poco sopra si trova la fermata del bus dove abbiamo atteso il postale al termine della strada alta della valle Bedretto, ma oggi non passerò di li: mi attendono i tornanti della Tremola.

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09:30 Subito dopo Motto Barola il sentiero ricomincia la salita, tenendomi verso destra. Ondate di nebbia salgono e scendono, lasciandomi i vestiti umidi.

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09:40 Il sentiero mi tiene sulla sinistra orografica del corso d'acqua che scende dal passo, e si inerpica deciso, in un terreno molle e paltoso. Ogni tanto gli scarponi vengono risucchiati dal fango, fatica boia per tirarli fuori.

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Finita la salita, davanti a me si apre la valletta con la strada del Gottardo, quella che mi ricordo percorrevamo negli anni '60, quando si andava in Svizzera Interna a trovare qualche parente. Ricordi di mia sorella, che doveva prendere uno zuccherino con un qualche medicinale per combattere il mal d'auto. Strada che i camion, le roulotte ed i pullman percorrevano facendo due manovre ad ogni tornante, creando lunghe file di auto dietro di loro. E se due si incrociavano proprio un una curva, erano dolori.

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10:00 Salgo lungo la strada, troppo poco spazio per un sentiero, i dadi scivolosi per l'umidità, due brevi curve, poi si para davanti a me la maestà di questa strada, tenuta ancora oggi in modo impeccabile.

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Curva e controcurva, un balletto di cambi di direzione.

10:15 Mi sto alzando, il ritmo di cammino è buono dato che la pendenza non è troppa. Sono già passati due ciclisti, e alcuni motociclisti. Sotto di me un altro si avvicina.

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Ammiro la tecnica costruttiva dei terrapieni: pietre inserite a cuneo, come chiavi di volta, la gravità gioca a favore, rendendo stabile il sostegno. Ingegno dell'uomo.

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10:20 Il ciclista mi sorpassato, sono due ore che cammino, decido per una pausa. Banana, una riga di cioccolata nera (niente cornetto, ho dimenticato di acquistarlo). Come mi fermo la temperatura corporea scende velocemente. Per regolarla avevo tenuto le maniche della felpa fin sopra il gomito, adesso le srotolo fino ai polsi. Sento i capelli umidi (poco umidi, pochi capelli) per la nebbia che si condensa sulla mia testa. Fermata breve, anche le mani iniziano a raffreddarsi, altrimenti mi tocca tirare fuori berretta e guanti.

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Ogni tanto c'è un pezzo di sentiero staccato dalla strada, ma non sempre lo prendo. In certi punti sale con pendenza micidiale per me, preferisco allungare in chilometri e diminuire i gradi di salita.

10:40 La nebbia si dirada nuovamente, posso guardare in alto. I tornati sembrano non finire mai, dovevano avere la stessa impressione anche gli automobilisti.
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10:55 Piccolo spiano nella valletta. Il sentiero si stacca nuovamente verso sinistra, la strada continua a destra. Stavolta decido per il sentiero, mi sembra mi porti più velocemente.

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Risalgo il crinale, comincio a sentire un vento di cresta, tipico delle bocchette, dei passi e delle creste. Spero sia buon segno, l'aria è fredda, e se aggiungi l'umidità...

 

11:05 Il passo delle Termopili? Cosa ci sarà dietro?

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Scollino, svolto l'angolo verso sinistra, e si! gli edici della zona dell'ospizio del San Gottardo.

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11:15 Da qui si continua quasi in piano, per ricongiungersi con la strada. Poi vedo apparire l'edificio del museo del San Gottardo, e so di essere arrivato.

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Sulla piana diversi turisti arrivari in auto, mi guardano come fossi un alieno. Forse per gli scarponi sporchi di fango... E' un po' presto rispetto al mio orario normale per il pranzo, d'altra parte nella discesa fino ad Hospental non credo ci siano altri punti di sosta, così opto per un pranzo anticipato. Crema di boleti con una bella fetta di pane nero a pezzi "pocciati" nella crema, e caffé. Nel servisol poca gente, il personale non particolarmente cordiale. Lo stomaco è contentissimo della zuppa calda, ci voleva proprio. Il caffé va giù, ma non lo metterei nella categoria "i migliori che ho assaggiato".

11:45 Nuovamente in viaggio. Adesso inizia il toboga fino a Göschenen, praticamente tutta discesa e brevi tratti piani. Si continua sul pavé.

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In breve la zona dell'ospizio resta indietro, e terminano i rumori da "civiltà".

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Poco oltre marca bianco-rosso-bianco che mi porta via dalla strada, per finire sulla vecchia mulattiera del passo. Molto pittoresco, ma il durone sotto il piede destro inizia a chiedermi se sono scemo o cosa.

2010.10.10-San-Gottardo-1 7515
Davanti a me, come promesso dalla meteo, le prime avvisaglie di bel tempo. Non so se essere contento o meno, la nebbia ha decisamente il suo fascino. Poi un lampo, ho dimenticato gli occhiali da sole!!! Sono leggermente fotofobico, rischio di tornare a casa con un bel mal di testa. Boh, al limite mi costruirò un paio di occhiali come fanno gli esquimesi: barretta di legno con due fessure orizzontali, laccio dietro la testa.

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Poi intravvedo la diga del Lucendro, ricordi della splendida escursione ai suoi laghetti...

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E poco sotto, l'entra del ristorante e albergo quattro stelle "La Claustra". Costruito ristrutturando un vecchio fortino della seconda guerra mondiale, non collegato al sistema del "ridotto nazionale", offre l'opportunità di assaggiare la vita dei militi confinati qui dentro, ma con molte comodità in più. Non lo si può visitare, si entra solo su riservazione. Ho avuto la fortuna di cenare qui poco più di una settimana fa, cortesia e gentilezza di un cliente, ed è un'esperienza interessante.

2010.10.10-San-Gottardo-1 7520
12:05 Decisamente l'aria si sta schiarendo, il Gottardo agisce come al solito da barriera. Già, ma quando succede così normalmente c'è vento, il favonio (o Phöne, come viene chiamato in tedesco), vento forte ed impetuoso, caldo e secco in basso, fastidioso e noioso. Sperem ben.

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Cammino deciso, passo leggero. Aguzzo le orecchie, per tentare di sentire le eco dei muli che passavano di qui, le imprecazioni dei mercanti, ma mi risponde solo la strada principale, troppe auto che passano troppo vicino. Intanto ho iniziato a costeggiare la Reuss, uno dei quattro fiumi che nascono da questo massiccio, assime al Reno (che sfocia a Rotterdam), il Ticino (che confluisce nel Pò a Pavia), e il Rodano, che dopo aver formato il lago Lemano (o di Ginevra) passa Lione, raccoglie la Sarine, e sfocia poi a Marsiglia. Un fiume per ognuno dei punti cardinali.

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12:25 Il sentiero passava dall'altra parte, e non me ne sono avveduto... Continuo lungo la strada, e poco prima di questo ponte il sentiero si ricongiunge con la strada. Poco male.

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Appena passato il ponte, si apre un nuovo panorama, nuova discesa.

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12:50 Discesa non agevole... Arrivo a questo fungo in cemento armato, credo sia uno dei pozzi di ventilazione della galleria stradale del San Gottardo. Annuso l'aria attorno, ma non riesco a sentire cattivi odori.

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13:25 Ho percorso tutta la piana, e di nuovo sotto di me un ulteriore salto. Vedo alcuni edifici, ma di Hospental ancora nessuna traccia. Strano, non dovrei essere molto distante.

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Poi mi trovo di fronte un ponte, ma il sentiero passa sotto, su di una passerella. La imbocco, sguardo fisso avanti, no guardare giù.

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Appena passato il ponte, curva a sinistra. Decido di guardare giù, e si, e proprio Hospental.

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Cavoli, è rimasta nascosta fino all'ultimo. Scendo l'ultimo tratto, e decido di fare il test caffé. In che cosa consiste? Sedersi per almeno un quarto d'ora, rialzarsi, e sentire come reagiscono le gambe dopo la pausa.

13:55 Test effettuato, le gambe non hanno urlato. Prima di entrare nel bar avevo già indivudato i cartelli gialli, mi dirigo verso gli stessi, e trovo immediatamente l'indicazione per Andermatt - Göschenen. Diverse foto del paesino percorrendolo.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7596
Il sentiero mi porta sulla sinistra della Reuss, fuori dal tracciato del traffico. Bello in piano, il mio tipo di percorso. Intanto il vento, come pronosticato, ha iniziato a farsi sentire, già bello rafficato. Per fortuna che in generale soffia da dietro. Passo diverse fattorie.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7605
14:15 Ormai Andermatt è dietro l'angolo, cioé, dietro il ponte. Sopra il villaggio si vede la strada che sale al passo dell'Oberalp, e la linea ferroviaria.

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Altro passo da mettere in agenda... Pensaci, se vuoi andare ad Olivone da qui, puoi salire il passo, scendere a Disentis, salire il Lucomagno, scendere, e sei arrivato. In due giorni tranquilli tranquilli... I miei pensieri vengono interrotti dal bambino che c'è in me (si, un poco ne è rimasto): il treninoooooo...

2010.10.10-San-Gottardo-2 7638
Subito dopo il sentiero svolta per attraversare la piana a 90°, e il vento che fino a quel momento mi spingeva, passa al traverso. E che traverso, roba che in barca a vela daresti due mani alla randa e passeresti alla trinchetta. Mi spinge talmente forte che al primo momento sbando verso destra, poi poggio il timone e lasco la randa, e mi riprendo. Occhi socchiusi per non fare entrare la polvere (ahhh, gli occhiali), poi curva a destra, e si passa ad un gran lasco quasi poppa, ma niente farfalla qui.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7642
14:45 Andermatt raggiunta. Passo il buffet della stazione, decido di lasciar stare il test caffé, sennò non arrivo più. Svolto a sinistra per portarmi verso l'orrido della Reuss che scende, e ritrovo il sentiero.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7640
Mauro, che ha già percorso questo itinerario prima di me, mi ha detto che le gole sono molto belle. Attendo con impazienza la cigliegina sulla torta di una bella giornata.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7658
15:00 In un attimo arrivo al "Ponte del diavolo". Il nome è dovuto ad una leggenda, presente in alcune varianti lungo tutto l'arco alpino. Normalmente si tratta di un ponte costruito in un punto particolarmente impegnativo. La leggenda narra che il diavolo propone ad una persona del luogo di costruire il ponte in una notte, ma che come ricompensa vuole l'anima del primo essere vivente che lo attraverserà. La persona (spesso un commerciante) accetta, il diavolo costruisce il ponte in una notte. Il finale ha due varianti: nella prima è la figlia della persona che ha fatto il patto a passare il ponte, e il diavolo ne ruba l'anima, nella seconda invece è il cane della persona, e il diavolo resta scornato. Questa leggenda la trovi qui, ma anche in diverse zone del Nord Italia, e forse anche in Austria.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7679
Appena sopra il ponte passa la ferrovia. Sarebbe bello riuscire a fare una foto con il trenino sopra... Attendo una decina di minuti, ma di trenini non ne passano. Niente, mi rimetto in marcia. Le gole sono molto profonde, bella acqua smeraldo sul fondo, roccia quasi bianca.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7682
15:10 Il sentiero confluisce con la strada del passo. Una colonna continua di veicoli in entrambe le direzioni, probabilmente ci sarà coda ad entrambi i portali, oppure la galleria è chiusa. Fatto sta che trovo il punto più pericoloso di tutto il tragitto: devo attraversare la strada a due riprese. Ci sono le striscie pedonali in entrambi i punti, ma vicine alle curve, le auto arrivano veloci, qui rischio la pelle. Due sprint veloci alla Mario Brother mi portano oltre, e guardando verso il basso noto che il sentiero corre sul tetto dei ripari valangari della strada. Meglio sopra, che addosso.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7687
15:25 Il sentiero è bello agevole, praticamente una forestale. Scendo le gole scattando diverse foto (le puoi vedere nel secondo album), e raggiunta la curva verso destra appare già Göschenen sotto di me.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7702
E' già da un po' che tengo d'occhio una nuvoletta, che si dissolve e si riforma sempre nello stesso punto. Forse c'è una termica che sale proprio li, oppure è affezzionata a quel punto della montagna.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7705
15:30 Ulteriore ponte in pietra. Questo, costruito anche lui con il sistema dell'arco romano con chiave di volta, presenta la tipica gobba dei ponti in cui l'attacco è basso rispetto al punto centrale, come ad esempio quello a doppia gobba di Lavertezzo.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7712
13:40 Ritrovo la rosa canina, l'ultima l'avevo vista poco dopo la partenza da Airolo.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7723
E ultimi scorci sulle gole.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7726
La nuvoletta nel frattempo è in fase dissoluzione.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7727
15:45 Göschenen. Sono arrivato più velocemente di quanto avessi preventivato, sto quasi pensando di continuare fino a Wassen. Già, e se poi non ci sono treni che si fermano? Per oggi può bastare, non pretendere troppo.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7733
13:50 Sono alla stazione, ed il treno per Airolo mi parte sotto il naso. Il prossimo fra un'ora. Faccio un altro test caffé, Wassen ci sarebbe potuta stare. Poi mi tiro nella sala d'aspetto per ripararmi dal vento, che a causa della ristrettezza della valle in questo punto soffia in modo micidiale.

17:05 Airolo. Tolgo gli scarponi, non ho neanche avuto bisogno del paio di calze più grosse che avevo portato con me. Poi rientro a Bellinzona, e si, ci sono tre chilometri di coda al portale sud della galleria.

Ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

Profilo
Clicka qui se vuoi vedere il primo album di foto, da Airolo fino a Hospental.

Clicka qui se vuoi vedere il secondo album di foto, da Hospental fino a Göschenen.

Per boschi del Ticino: da Camorino a Ponte Capriasca, 23.10.2010

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Percorso effettuato: alpe Croveggia (Q960) - alpe Pian Grande (Q1120) - capanna Cremorasco (Q1120) - alpe del Tiglio (Q1052) - Cima di Dentro (Q1014) - Isone (Q748) - alpe Mürecc (Q951) - alpe Zalto (Q996) - Gola di Lago (Q972) - alpe Santa Maria (Q1000) - Matro di Stinché, bivio (Q1075) - Condra (Q989) - convento del Bigorio (Q728) - Bigorio (Q615) - Sala Capriasca (Q548) - Ponte Capriasca (Q447) .

Difficoltà: sentiero T1 e T2.

Dislivello: 1'030 metri di salita, e 1'540 metri di discesa.

Lunghezza del percorso: 20 chilometri.

Sforzo equivalente: 32 chilometri.

Durata (inlcuse le pause): 8 ore.

Riferimenti: teleferica Camorino - Croveggia, il convento Santa Maria del Bigorio dei frati Capuccini, la capanna Cremorasco, la chiesa di Santa Maria Assunta del Bigorio, "Dai fortini della fame a Croveggia (13.04.2009)", "Cima di Medeglia e Matro (17.05.2009)"



Me lo ero ripromesso l'anno scorso, quando avevo fatto in solitaria questo percorso: "devo portare Rita". La stagione quest'anno non è così avanzata come un anno fa, gli alberi hanno ancora quasi tutte le foglie, e i rossi iniziano a vedersi solo ora. La voglia di andare però tanta, era stata un'esperienza fantastica. Per domenica prevedono brutto andante, così ci organizziamo per il sabato, sperando che Locarno-Monti abbia ragione, e che la pioggia non arrivi già nel pomeriggio.

Quando pensi al Ticino, se lo pensi come l'ho sempre pensato io, a due dimensioni, vedi un fondovalle percorso da binari ed asfalto. Lo spazio in basso è poco, e dato che si tratta di un cantone di transito, buona parte del fondovalle è occupato da autostrada e linee ferroviarie. Ma se inizi a pensarlo in tre dimensioni, e ti alzi verso Q1000, trovi un Ticino diverso, percorso da 4'000 Km di sentieri, eredità dei nostri avi, che permettono di percorrerlo in buona parte senza incrociare strade. Questa escursione in effetti spazia su quasi un quarto del territorio ticinese nei boschi e nei prati, con pochissimi tratti asfaltati (la zona dell'alpe del Tiglio e Gola di Lago), e senza incrociare veicoli. E' un percorso da pellegrini, passando pochi borghi (Isone, Bigorio) e tutto nella natura.

08:00 Puntalissima la teleferica di Croveggia parte. Unici due occupanti i sottoscritti. Il cielo è decisamente plumbeo, e mi sembra ci sia meno luce dell'anno scorso, non ostante allora fossi nella nebbia. Rifletto, e mi rendo conto che l'anno scorso era già rientrata l'ora solare, per cui ero partito un'ora dopo... Il piano di Magadino verso Locarno inizia a delinearsi. Il mio sacco intanto ha subito un attentato. Vi ho infilato una bottiglia d'acqua già aperta da uno dei due figli, il quale non l'ha richiusa bene (come al solito), e stupido io non ho controllato... Morale: il contenuto si è rovesciato quasi tutto, per fortuna senza bagnare la macchina fotografica e le cibarie. Però sono rimasto con una scorta abbastanza esigua di acqua.

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08:10 Arrivati a Croveggia. La teleferica supera i 700 metri di dislivello (bel risparmio, devo ammetterlo) con una campata unica. Cabina piccola, è meglio non dondolarsi troppo quando si è a bordo...

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Verso Ovest, lungo il filo della montagna, la cima di Matro, la cima di Medeglia, e Manera, con la sua grande antenna. Appena dietro, ma non visibile, il monte Tamaro.

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08:15 Partenza. Entriamo subito nello splendido faggetto che porta a Pian Grande. Il sentiero sale velocemente senza dare visibilità, gli alberi sono ancora tutti chiomati. Attorno solo qualche gracchiare di corvide, per il resto un silenzio bellissimo. Scatto alcune foto, ma al rientro dovrò cancellarle: la luce era talmente poca che sono venute mosse, per il lungo tempo di esposizione.

08:35 Pian Grande raggiunto. Non abbiamo fretta, e ci sistemiamo nella pancia un mezzo cornetto con riga di cioccolata nera (aaah, se imparassi a fare colazione).

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08:40 Adesso inizia il bello. Si entra nuovamente nel bosco, e dato che siamo saliti a sufficienza, possiamo vedere la sinfonia d'autunno che sta facendo le prove generali a questa quota.

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Il sentiero in questo tratto ha dei punti leggermente esposti. Avevo letto che l'Associazione Ticinese Sentieri Escursionistici aveva fatto dei lavori di messa in sicurezza durante l'estate, e in effetti nei punti critici troviamo un corrimano, e alcune cordine di acciaio fissate alla parete che rendono più agevole il percorso. Il bosco è prevalentemente di faggi (siamo troppo in alto per il castagno), ma qua e la possiamo godere anche del larice (larix decidua).

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Oppure macchie come questa...

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09:30 Abbiamo percorso tutto il tratto di montagna sotto il Camoghé, e arriviamo alla capanna Cremorasco, invisibile dal basso.

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Breve sosta per portarci sul promontorio che sovrasta il piano di Magadino, e qualche foto panoramica tutt'attorno.

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09:40 In un attimo arriviamo alla fine di questo tratto di sentiero, che si congiunge con la forestale dell'alpe del Tiglio. Pezzetto monotono su asfalto, per imboccare il sentiero che scende ad Isone. Guardando indietro posso vedere la fine del piano di Magadino, verso Giubiasco e Bellinzona. Solo così ti rendi conto di quanto terreno agricolo sia stato mangiato dall'urbanizzazione.

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10:15 Passata l'alpe del Tiglio e Cima di Dentro rientriamo nel bosco. Qui domina la betulla, e più in basso il castagno. Il sentiero ha meno foglia dell'anno scorso, più facile vedere dove si mettono i piedi.

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Lungo la discesa iniziano ad apparire i primi ricci, e alcuni funghi molto particolari.

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Questo sembra un cervello, mentre i prossimi devono essere dei funghi sapofiti.

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10:35 Siamo quasi ad Isone. Dall'alto si possono ammirare le chiome colorate, ultima esplosione di colore prima della caduta.

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10:45 Percorriamo le stradine di Isone, e in un giardino una delle mie piante preferite: l'acero giapponese, questo di un rosso quasi arancio.

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Tiziana a casa ne ha uno di un rosso splendido e immenso: una qualche volta prendo una ruspa e vado a rubarglielo (ma non diteglielo). Poi ci imboschiamo in un bar per un thé ed un caffé: fretta non ne abbiamo, non so neanche a che ora avremo il postale per rientrare. Ci stiamo godendo la giornata al nostro ritmo.

11:05 Dopo aver scaldato i pancini, ripartiamo. Scendiamo verso il fiume per passare il ponte che dà accesso al sentiero di salita verso l'alpe Mürecc. Lungo la via, un nespolo quasi pronto.

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E lassù, l'alpe.

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Ci addentriamo nuovamente nel bosco, come viandanti di una volta, quando le strade asfaltate non esistevano, e le località erano congiunte unicamente da sentieri come questo. Attorno a noi colori smorti, colori vivi, macchie e poster singoli.

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Mi sembrava... Il tempo è adatto alle salamandre, e questo tratto di percorso passa per diverse zone umide, habitat ideale per questo anfibio. Finalmente ne incontriamo uno, il primo.

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Si muove goffamente, poi decide che l'immobilità potrebbe essere più vantaggiosa, magari non la vedo... Lungo il percorso, più avanti, ne vediamo alcune altre.

11:50 Eccoci all'alpe Mürecc. Il grosso della salita per oggi è terminato (ne avremo ancora un po' dopo Gola di Lago, ma niente di trascendentale). L'orario è buono per spapparsi la seconda metà del cornetto, e ancora un po' di cioccolata. Rifornimento acqua alla fontana, e vista verso Medeglia.

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12:00 Ci rimettiamo in moto lungo il sentiero che ci porterà all'alpe Zalto (entrambi gli alpi producono un ottimo formaggio, se la cosa ti può interessare). Attorno a noi, ancora colori, questa volta che tendono al viola.

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Amo l'autunno, stagione del gran finale della Natura prima del riposo invernale. E' adesso che secondo me si raggiunge l'apoteosi. L'estate è una preparazione, e la primavera un'ouverture di breve durata, che preannuncia quale sarà il tema portante, ma passa troppo in fretta. Percorriamo anche questo tratto di bosco senza incontrare nessuno (non abbiamo incrociato una sola persona sui sentieri, a parte un cacciatore nei pressi di Condra), gustandoci il silenzio naturale e la sinfonia di colori.

12:40 Alpe Zalto. Qualche foto ad Isone e Medeglia, poi il nostro occhio viene colpito dal famoso fungo "cappello da spiaggia", e alcuni sui compari.

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Da qui siamo nuovamente su asfalto, per fortuna per un tratto più corto rispetto all'alpe del Tiglio. Percorriamo velocemente questo tratto per portarci all'alpe Santa Maria, dove abbiamo deciso di fermarci per il pranzo. Trovo anche qui la rosa canina, con la quale si prepara un ottimo thé.

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13:00 Passiamo il bivio a Gola di Lago, e dopo poche centinaia di metri arrivamo all'alpe. Subito una brutta sorpresa, riccordo di inciviltà: è fin troppo facile arrivare qui con l'auto, e chi l'ha fatto non si è degnato di portar via i suoi rifiuti. Chi cammina, chi vive il percorso, non lascia tracce del suo passaggio, soprattutto non di questo tipo. La cultura dell'auto invece, è una cultura di menefreghismo: goduto io, goduto tutti.

2010.10.23-Camorino-Ponte-Capriasca 7890
Decidiamo di utilizzare un masso come appoggio per il posto dove la schiena cambia nome, scendendo, e Rita che vuole evitare il freddo, provvede a tapezzarla con tutto ciò che di caldo abbiamo nel sacco.

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Non so se raggiunga l'obiettivo, sicuramente l'appoggio è un po' più morbido. Please, non ingrandire la foto, sennò vedi che numero di piede ho :-( Intanto ci siamo infilati il K-Way, dato che c'è una leggera brezza frescolina, e sicuramente avremo un calo termico non appena inizierà la digestione. Ci gustiamo il nostro pic-nic nel silenzio, solo un biker che si cambia velocemente prima di iniziare la discesa, e riparte dopo pochi minuti. Davanti a noi, i Denti della Vecchia, semisommersi nella nebbiolina.

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13:30 Non abbiamo controllato l'orologio, ce l'abbiamo dentro. Mezz'ora esatta, e siamo pronti per ripartire. Teniamo il K-Way, decisamente non ostante il pasto non sia luculliano lo stomaco tira sangue in modo impressionante. Ultimo sguardo verso Isone, prima di scollinare verso la Capriasca.

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Questo tratto è su forestale non asfaltata, fuori bosco, ma questo non impedisce di godere di macchie di colore sparse.

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Il sentiero fila via liscio sotto le suole, tra radure, brevi tratti boschivi, casolari diroccati e vecchie fattorie. Tratto bellissimo, ci sarebbe la vista su buona parte della Capriasca se non fosse per la nuvolosità.

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14:15 Condra sotto di noi. Si tratta di uno splendido insediamento, posto su di una radura poco pendente, che offre una vista incredibile (ce ne eravamo accorti durante il giro del Bigorio) che spazia per circa 270°. Una fattoria ancora attiva, manzette, asini, e una mamma con il suo piccolo.

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Scendiamo lungo il viottolo che costeggia le case, e continuiamo la discesa. Nuovamente nel bosco. Poco più avanti, un albero cadendo ha invaso il sentiero, e trascinato pezzi di un suo compare con se.

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14:35 Orami in prossimità del convento, usciamo nuovamente dal bosco per trovarci su prati. Ci sembra però che il bosco si stia rimangiando il territorio che gli era stato strappato durante i secoli con il disboscamento. Bastano una decina d'anni di incura, i prati scompaiono, e il castagno si riprende ciò che era suo.

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14:50 Arriviamo al convento del Bigorio, faro dei frati capuccini per tutta la Lombardia. Veniva utilizzato anche per mandare i novizi a passare il primo anno della loro vocazione, e spesso il capitolo di questi frati veniva tenuto qui. Il cimitero, semplice come la loro vita.

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Sulla croce il nome, l'anno di nascita, l'anno del decesso. Sic transeat gloria mundi. Sostiamo dieci minuti per gustartci la quiete del posto. Qui non accolgono più pellegrini, ma una volta queste istituzioni erano il collante dei vari tratti di percorso. Qui potevi pernottare, trovare una tazza di minestra ed una fetta di pane, anche se eri lontano da villaggi ed osterie. E sicuramente correvi meno rischi...

Scendiamo la via Crucis che ci porta verso Bigorio City (per distinguerla dal convento), con le sue stazioni così diverse da quelle tradizionali (le trovi nell'album dell'anno scorso), e arriviamo al paese dall'alto, passando tra casette e giardini splendidi.

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15:15 Porto Rita alla trattoria Menghetti (se passi da quelle parti, vacci, è un'esperienza interessante). Locale unico, come una sala privata, la signora gentile ci serve, questa volta non ci sono altri avventori. E' vecchia di 200 anni (l'osteria, non la signora), ed è stata tenuta allo stato originario.

15:40 Decidiamo di scendere a Sala Capriasca, e prendere lì il postale per rientrare. Prima di partire foto alla meridiana (mi sembra che nel Sottoceneri ce ne siano molte di più che nel Sopraceneri).

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Sentiero agevole, ma anche qui l'autunno ha preparato i suoi regali...

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15:55 Già arrivati. Controlliamo l'orario del postale, mancano ancora 20 minuti. Boh, già che ci siamo scendiamo fino a Ponte Capriasca, tanto la strada è breve. Ripercorriamo i viottoli, ed inforchiamo il sentiero di discesa. Da qui si vede molto bene il convento.

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16:10 In effetti siamo già qua. Scendiamo fino al ponticello dove si trova la fermata del bus, che dopo pochi minuti arriva e ci carica. A bordo solo una coppia giovane, anche loro con lo zaino. Un'ultima foto ad un caco prima di mettere via la macchina fotografica.

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16:40 Arriviamo in stazione a Lugano. Siamo semplicemente deliziati, Rita mi dà ragione: è una escursione splendida, da mettere in agenda una volta all'anno. Ci sarebbe una variante interessante, che partendo da Bigorio porta a Comano direttamente, passando per una collina boschiva... L'anno prossimo!

Ed ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

Profilo
Clicka qui se vuoi vedere tutte le foto dell'escursione (non che ci sia qualcosa di speciale).

Einsiedeln e Schwyz, 01.11.2010

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Riferimenti: l'abbazia territoriale di Einsiedeln su Wikipedia, il sito dell'abbazia benedettina, il sito ufficiale di Einsiedeln (in tedesco), Svitto su Wikipedia,

Via dalla pazza folla per qualche giorno, abbiamo previsto diverse varianti, dato che il tempo non sembra essere molto stabile. In effetti una delle varianti ci viene comoda: visita all'abbazia benedettina di Einsiedeln, e a Schwyz, capoluogo del cantone omonimo.

Questa abbazia, fondata nel 934, è stata centro religioso e di potere durante tutto il Medioevo, e la prima parte dell'Evo Moderno. Grazie a lasciti, donazioni, eredità e conquiste, il suo territorio si estendeva su buona parte della campagna, sia verso il lago di Zurigo, sia verso il canton Svitto. A Svitto stesso avevano una proprietà con grande terreno. Era ed è sottoposta direttamente alla Santa Sede.

Per un buon periodo fu utilizzata dalle famiglie nobili per mandarvi i loro figli cadetti: dato che la successione avveniva tutta tramite il primogenito, che si prendeva tutto, ai figli cadetti non restava niente. Così li mandavano come frati ad Einsiedeln. Non devi pensare però che faccessero vita troppo monastica: avevano servi, terre, e probabilmente non disdegnavano qualche scappatella di varia natura. Tutto sommato, probabilmente non conducevano una vita troppo brutta, per i tempi.

In tempi più moderni i benedettini si sono dedicati alla docenza, specialmente a livello di ginnasio e liceo. Nell'edificio dell'abbazia si vede ancora la porta con l'indicazione "Gymnasium". Anche presso il collegio Papio di Ascona erano presenti fino alla fine degli anni '70.

Lo stile è quello tardobarocco, costruita a partire dal 1704, dopo diversi incendi e saccheggi. Al suo interno è conservata la cappella della Madonna Nera, che in origine era parte integrante della prima chiesa. Adesso la trovi quasi subito all'entrata, piccola chiesa nella chiesa.

Il borgo è sovrastato dall'abbazia, la quale si erge imponente in cima ad una breve salita, alla quale sia accede dalla piazza principale.

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Sul lato sinistro trovi la scuola, e in mezzo la chiesa che fa da asse centrale per il complesso. Lungo la via di salita, i soliti botteghini dei venditori di ceri, e amenicoli vari. Oggi, forse per la ricorrenza religiosa, quasi tutti chiusi. Entriamo nella chiesa, dove non si possono scattare foto, è in corso la funzione, così usciamo per non disturbare, e ci dirigiamo verso la scuderia.

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Ne hanno di cavalli: solo nello spiazzo ce n'erano una ventina... E probabilmente altri ancora all'interno. Lungo un lato trovi i locali per le attività manuali (maniscalco, sartoria, ecc.), che corrono per tutta la lunghezza dell'edificio principale.

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Poi scendiamo verso l'abitato, per un giretto. Le case che si affacciano sulla piazza, quelle di prima fila insomma, sono tutte decorate. Probabilmente c'era la lotta sociale per poter ottenere questi posti...

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Ci infiliamo in quella che sembra essere la via principale.

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Su entrambi i lati, negozi, negozi, negozi. Ma non quelli di una volta: no, moda, moda religiosa, arte religiosa, ricordi, ricordini, e così via. Più vado avanti con gli anni, e più mi rendo conto che religione ed economia vanno molto bene a braccetto, e che se Gesù ha scacciato i mercanti dal tempio, questi hanno trovato ancora più spazio fuori...

Dopo una breve sosta caffé - fetta di torta, possiamo finalmente visitare la chiesa. L'interno è splendido, i dipinti e gli affreschi tenuti in modo encomiabile. Due organi marcano la loro presenza a sinistra e destra dell'altare, e sono collegati, permettendo così ad organisti particolarmente capaci di suonare entrambe le tastiere da un'unica postazione.

L'interno, a differenza di molte altre chiese di questo periodo, è molto luminoso, e valorizza i bei dipinti presenti lungo le navate. Al centro, una cupola con vetri giallo-oro fa cadere un fascio angelico di luce sulla zona dove probabilmente si trovava l'altare originale.ora spostato molto più indietro, con alle sue spalle la cantoria.

Dopo la visita ad Einsiedln ci spostiamo a Svitto (Schwyz), uno dei tre cantoni che ha dato origine alla Confederazione Elvetica nel 1291. Anche qui l'abitato è dominato dall'alto da una chiesa, dedicata a San Martin. Costruita nel 1728-1729, alla sua sinistra ha una scuola, mentre sulla destra si trova la sede del governo cantonale.

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Purtroppo l'entrata della chiesa, pregevole per i suoi stucchi, era chiusa casua lavori di manutenzione... Mi capita un po' troppo spesso.

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Sopra Svitto trovi il Grosser Mythen, montagna a cucuzzolo (non so se sia scalabile) dalla quale si deve godere di una vista eccezionale su tutta la Svizzera Centrale.

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Scendendo verso la piazza principale troviamo l'edifico ed il parco appartenuti all'abbazia di Einsiedeln. L'architettutra sembra ancora quella originale, ed il grande parco è tutto cintato: niente visita.

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Terminiamo il nostro giretto, dopo aver passato un po' di viuzze, sulla piazza principale. Il sole ha deciso di farci un regalo, ed è uscito deciso, permettendoci di bere un caffé all'esterno.

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Terminato il caffé, quasi mi faccio investire per fotografare questo splendido edificio.

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Clicka qui se vuoi vedere tutte le foto: stavolta sono poche, e decisamente non di buona qualità.

 

Valcolla, da Signôra a Piandanazzo, 13.11.2010

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Percorso effettuato: Signôra (Q994) - Moncucco (Q1605) - Piandanazzo (Q1609) e ritorno per la stessa via.

Difficoltà: sentiero T2.

Dislivello: 730 metri.

Lunghezza del percorso: 10 chilometri.

Sforzo equivalente: 17 chilometri.

Durata (incluse le pause): 4.75 ore.

Riferimenti: "Alle sorgenti del Cassarate", "Una pascolata in val di Muggio".

Sono sette domeniche di fila che fa brutto tempo... Anche stavolta anticipiamo al sabato, sperando in un po' di clemenza da parte della meteo. L'idea sarebbe quella di chiudere il giro in valle di Muggio, fallito miseramente a causa della mia imperizia. L'appuntamento è con Danila e Pierfranco a Manno, per scendere con una sola vettura. Arrivati alle 8:30, mentre nel Sopraceneri il cielo è terso, troviamo già nuvolosità bassa. Breve discussione, si decide di modificare l'itinerario, e raggiungere la capanna Monte Bar seguendo un percorso alternativo: da Signôra a Moncucco, poi Piandanazzo, e da li quasi in piano fino alla capanna.

E' anche l'occasione per passare con loro la giornata, è dall'uscita alla Greina che non ci si trovava più. Non è che siano stati fermi: qualche giorno al Cristallina, poi il percorso di Santiago di Compostela, e in ottobre sono stati al santuario dell'Annanpurna, in Nepal. Invidia marcia!!!  Rita ed io siamo impazienti di sentire il racconto di questa esperienza: 10 giorni sui sentieri del Nepal, per raggiungere la base dell'Annapurna, montagna da più di 7'000 metri.

09:15 Abbiamo raggiunto Signôra, preparazione effettuata. Il Garzirola è ancora sgombro, mentre il San Lucio mostra già le prime avvisaglie del brutto tempo annunciato entro il tardo pomeriggio.

2010.11.13-Signora-Piandanazzo 7996
2010.11.13-Signora-Piandanazzo 7997
Il sentiero parte dolce, il ritmo è da escursione del pomeriggio della domenica, le chiacchere, i racconti, le impressioni, le cose da dire tantissime. Si cammina a passo tranquillo, riannodando i fili delle esperienze.

2010.11.13-Signora-Piandanazzo 8001
09:40 Il sentiero entra nel bosco, ormai senza foglia. Salendo si incontrano tre zone boschive importanti: la prima (questa), caratterizzata da faggi giovani e qualche inserto di castagno (a più di Q1000). Dopo la capanna "Il Cervo" si passa in prevalenza al faggio, alto, secolare, per terminare con le betulle, i larici e le conifere nell'ultimo tratto boschivo, fino a circa Q1500.

2010.11.13-Signora-Piandanazzo 8004
Stavolta anche Pier tiene il nostro passo, racconti di thé, guide e portatori, lodge e notti che calano velocissime, tanto da dire, tanto da ascoltare.

10:20 Arriviamo alla prima radura della salita, riconoscibile dalla capanna dei cacciatori denominata "Il Cervo". Breve pausa per bere un po' di thé caldo, mezzo cornetto e la solita riga di cioccolata nera.

2010.11.13-Signora-Piandanazzo 8013
Verso Sud le avvisaglie del maltempo si fanno sempre più consistenti.

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10:50 Siamo nella pineta, tronchi alti come pilastri portanti di una cattedrale. Veramente bello questo sentiero, un po' più lungo della salita diretta da Corticiasca, ma molto più godibile, e percorribile anche in estate.

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Lo sguardo attento di Danila mi indica due fori nel tronco di un albero: probabilmente nidi di picchi.

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11:00 Breve radura, e cambio di vegetazione, appaiono le betulle e le conifere. Il sentiero diventa sempre più mordibo. Quasi due ore che camminiamo, e ancora ci sono domande, episodi del loro trekking.

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11:15 Le prime avvisaglie di neve, apparse precedentemente, adesso si inspessiscono. Il sentiero è quasi tutto coperto, meno di 10 centimetri, ma non siamo ancora a Q1500. Mi sa che la stagione delle alte quote (ticinesi) è terminata. Ora di affilare le lame delle ciaspole.

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11:30 La nuvolosità, tenuta a bada fin'ora dai Denti della Vecchia e dal Boglia, è riuscita a superare gli ostacoli, ed inizia ad assediare le pendici del monte Bar.

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Breve discussione sul da farsi: da Piandanazzo al Bar è una forestale, non c'è pericolo di perdersi neanche nella nebbia, però farà freddino... E ci allunga il percorso di un'oretta, tra andata e ritorno. Decidiamo di arrivare almeno fino a Piandanazzo, dove si trova un rifugio, e valutare li la situazione.

11:40 Arriviamo a Moncucco, crocevia dei sentieri. A sinistra verso il Bar, a destra verso il San Lucio. In basso il luganese ormai avvolto nella nebbiolina.

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Prendiamo a sinistra, la neve ormai è una presenza continua, anche se per fortuna è poco spessa e portante. Vediamo già la meta della pausa pranzo.

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Salendo abbiamo intravvisto una camoscia con il suo piccolo. Il piccolo, dopo una breve corsa, si è fermato al riparo, mentre la mamma ha continuato la fuga, probabilmente per farci allontanare dal cucciolo. Troppo folta la vegetazione, non sono riuscito a fotografarli. Perô una traccia sul sentiero mi fa pensare che ne passino spesso di qui, di ungulati.

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11:50 Arriviamo al rifugio forestale di Piandanazzo, costruzione importante. Qui possiamo misurare quanta neve c'è già.

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Ci rifugiamo sotto la tettoia al lato della costruzione principale per il nostro pic-nic. Rifugio gradito, si è alzato un bel venticello fresco, che non invoglia a stare allo scoperto.

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Sulle pendici del Bar, belle macchie di verde delle conifere, e giallo dei larici.

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E col teleobiettivo si riescono a vedere i due rifugi del San Lucio, ed il tetto con il campanile della chiesetta.

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12:30 Abbiamo deciso di lasciar stare la capanna del monte Bar, la cioccolata calda ce la berremo in basso. Ci rimettiamo in cammino, paludati con i K-Way per proteggerci dal vento. Decisione saggia quella di scendere, sennò si mi sa che avremmo mangiato un bel po' di freddo. La cappa si è alzata un attimo, ne aprofitto per fotografare i Denti della Vecchia.

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13:20 Discesa tranquilla. Terminato il tratto nevoso possiamo accellerare, e in men che non si dica siamo nuovamente alla cascina di caccia. Ultimi scorci colorati prima dell'inverno.

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13:55 Quasi in basso, possiamo vedere Colla con la sua grande casa per anziani.

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E ancora stiamo ad ascolare, del rientro, di Kathmandù, del volo, del saluto alle guide e ai portatori. Che esperienza speciale deve essere stata... Gran voglia di imitarli.

14:15 Nuovamente a Signôra. Percorriamo le viuzze, per raggiungere i nostri mezzi. In un giardino, una bella serie di cavoli rallegra il grigio del pomeriggio.

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Poi scendiamo a Maglio di Colla, per il meritato caffé. Ambiente ben riscaldato, con il grande camino, per terminare in modo perfetto una giornata d'ascolto.

E il sentiero... Decisamente splendida questa salita al Bar, molto più bella di quella diretta, tutta all'aperto. Il bosco, il sentiero morbido, la pendenza dolce; e poco battuto, dato che non è molto conosciuto. Da provare anche con le ciaspole.

Ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

Profilo
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Da Lamone al convento del Bigorio, 05.12.2010

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Percorso effettuato: Lamone (Q322) - lago di Origlio (Q419) - Ponte Capriasca (Q447) - Sala Capriasca (Q548) - Bigorio (Q615) - convento Santa Maria del Bigorio (Q728).

Difficoltà: forestale e sentiero T1.

Dislivello: 470 metri.

Lunghezza del percorso: 7 chilometri.

Sforzo equivalente: 12 chilometri.

Durata (incluse le pause): 2.25 ore.

Riferimenti la chiesa di Santa Maria Assunta del Bigorio su Wikipedia.


Dieci domeniche filate di brutto tempo, an sa na pò pü... Rita frequenta un corso al convento del Bigorio durante il fine settimana, se avesse fatto tempo dignitoso avrei provato a fare la Airolo - Bellinzona (solo rimandata) in un giorno. Invece, dopo un sabato splendido, mi alzo domenica mattina con un cielo plumbeo, aria di neve (si, la si può annusare), voglia di andare, e sensazione di impotenza... Tanto per darti l'idea, questo era il Camoghé da casa mia alle 11:45.

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Desolante... A mezzogiorno sento Rita durante la sua pausa pranzo, e mi chiede "Perché non vieni a prendermi, cosi rientriamo assieme?". Idea non da gettare. Faccio due calcoli mentali, Rita finisce il corso alle 17:00, decisamente no problem. Prendo il treno a Bellinzona alle 13:57, che mi deposita alla stazione di Lamone-Cadempino alle 14:23. Nel Sottoceneri è anche peggio, dal punto di vista meteo.

14:25 Mi incammino verso il nucleo di Lamone, a ridosso della salita che porta al laghetto di Origlio. In giro non c'è nessuno.

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Stavolta sono vestito da passeggiante domenicale standard: niente sacco, niente thermos, due barrette di cereali in tasca, guanti ed ombrello. E l'inseparabile compagna di viaggio, la macchina fotografica. Lungo la via, splendide macchie di colore.

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Arrivato nel centro del paese, mi imbatto nel mercatino natalizio. Viottoli stretti, bancarelle a destra e sinistra, persone con il bicchiere di vin-brulé in mano, devo fare attenzione a come mi muovo, per non mandare liquido da tutte le parti. Seguo i segnali, ed in breve trovo il sentiero di salita, lasciandomi dietro musica, chiacchere, ragazzi che guatano le ragazze imbarazzati ed intimiditi, canti, e tanta umanità calda in questo pomeriggio freddo.

14:40 Delizioso, mi sono lasciato indietro tutti i rumori... La forestale asfaltata si inerpica decisa, ho già scalato almeno quattro marce. In basso inizia la vista verso il golfo di Agno.

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Odore di stallatico: cavalli.

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14:50 Nell'ultimo tratto la forestale ha perso l'asfalto (gioia per i piedi), e in men che non si dica sono al laghetto di Origlio. Verso Sud amici noti, il Boglia, e i Denti della Vecchia.

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Al laghetto bisogna scegliere: strada corta o strada lunga. Non mi pongo neanche la domanda, faccio praticamente tutto il giro. Il laghetto (sarà 300 metri per 60 circa) è delizioso, niente rumori non ostante le case che si affacciano. L'acqua immobile riflette ciò che la circonda.

Il laghetto di Origlio
Due papere (germani reali, credo) che fanno la loro, di escursione domenicale.

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E lassù si vede la mia meta.

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15:05 Terminato il giro, si rientra su strada asfaltata per un breve tratto, si attraversa la strada principale, e dall'altra parte si riprende il sentiero. Ponte Capriasca è già visibile.

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15:25 Ha iniziato a nevicare. Avrei fatto meglio a prendermi la berretta, invece che l'ombrello, ma ormai è fatta. Sono già a Ponte Capriasca, il convento inizia a nascondersi nella foschia.

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Lungo la via, splendido albero di cachi.

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Passo la fermata del bus dalla quale eravamo rientrati dopo l'escursione da Camorino a qui, e mi dirigo verso la pasticceria del paese. Acquisto tre biscotti (biscottoni, tanto sono grandi): due per il rientro assieme, uno come merendina. Poi punto verso l'osteria per un thé, niente da fare, è chiusa. Vabbé, c'è sempre Sala, o al limite la trattoria Menghetti a Bigorio. Nel frattempo il convento si è avvicinato...

Il convento del Bigorio
15:35 Ripartenza. Da qui c'è una salitella nel bosco, per arrivare a Sala. La imbocco, e faccio una fatica micidiale. Il fondo è ghiacciato, la suola degli scarponcini da città non tiene niente, il piede continua a scivolare indietro. Passettino passettino passettino... Sarà che sono rimasto leggero a mezzogiorno, sarà che l'aspetto dei biscotti è moooolto allettante, continuo a sentire il loro richiamo dal sacchetto. Boh, ho deciso di mangiarlo salendo, qui o dopo non cambia niente. Mi fermo, ascolto, e sento solo il rumore delle mie mandibole che sgranocchiano la frolla. Insomma, stò povero biscottone alla marmellata di albicocche non è sopravissuto neanche fino a Sala...

15:45 Entro nelle viuzze di Sala Capriasca, dopo incontro con due cani e scoccolamento doveroso. Il nucleo è veramente ben tenuto, il grigio della pietra antica si mescola armoniosamente con i colori di oggi, preservando l'identità di questi edifici.

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Comincio ad essere basso di liquidi, anche se non sto sudando (mi sono vestito proprio bene, mani calde non ostante non indossi i guanti), ma di ristoranti aperti lungo il mio cammino non ne vedo. Pazienza, tiro fino a Bigorio. Passo sotto la casa che nell'ottobre 2009 aveva le bandiere tibetane, non ci sono più, dà l'impressione di essere disabitata...

15:55 Sono praticamente su al paese di Bigorio. La neve ormai scende copiosa, per fortuna che il sentiero di salita da Sala non è così ripido, le suole hanno tenuto abbastanza bene. Ho guardato nel giardino del mio amico asino, era riparato sotto ad un albero, non ne ha voluto sapere di venire a farsi accarezzare (lo trovi nell'album). Sotto si vede "bene" Sala.

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16:20 Formalità thé espletata, quasi muoio dal caldo: il caminetto accesso scaldava da non credere, le mie orecchie intirizzite sono diventate di fuoco. Riapro l'ombrello, e riparto verso la mia meta lungo il sentiero che passa nel nucleo di Bigorio.

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Una mela solitaria attende un passero solitario ed un poeta solitario che la canti...

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Poi la rampa della via crucis.

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Urpo se sale... Tre tornanti, c'è tutto il tempo di leggere i messaggi e riflettere. Le altre due volte l'ho fatta in discesa, non mi era sembrata così impegnativa.

16:35 Arrivato. Vicino all'entrata principale, sotto la volta, c'è un tavolo con panca. Devo attendere 25 minuti, non è un problema. Mi siedo.

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Passano pochi minuti, esce un signore giovane, laico, mi chiede se attendo qualcuno. Alla mia risposta affermativa mi invita ad entrare e bere un caffé. Accetto con doppia gratitudine: il convento non è aperto alle visite, per cui non mi aspettavo di poter entrare, e non ostante il thé sono ancora basso di liquidi.

Mi accompagna al locale pausa (tengono spesso corsi, qui al Bigorio, sono ben organizzati), mi offre il caffé, acqua e compagnia, graditi tutti e tre.

Puntuale alle 17:00 i corsisti escono, recupero (vengo recuperato da) Rita, e via verso l'auto sotto la neve. Il piiacere del rientro assieme, il suo corso, la mia passeggiata, i due biscotti avanzati, i ragazzi che ci attendono a casa. Bella domenica, non ostante tutto.

Ecco il profilo altimetrico dell'escursione. Non farti impressionare dalla pendeza di destra, avrei dovuto diminuire il fattore di sopraelevazione, non è così ripida in realtà.

Profilo
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Il giro del monte Arbostora, 11.12.2010

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Percorso effettuato: Carona (Q623) - Madonna d'Ongero (Q630) - alpe Vicania (Q659) - parco San Grato (Q714) - Carona.

Difficoltà: forestale T1.

Dislivello: 370 metri.

Lunghezza del percorso: 9 chilometri.

Sforzo equivalente: 13 chilometri.

Durata (incluse le pause): 2.5 ore.

Riferimenti "Tra due rami del Ceresio, 09.04.2010".

Finalmente un fine settimana di bel tempo: fregatura, tra impegni di compleanni, concerto di Natale della scuola di musica, compiti da correggere, non si può andare una giornata intera. Tiro fuori dal sacco un circuito tenuto in riserrva per situazioni come queste: il monte Arbostora. Facile, niente problema di neve, niente problemi se diventa buio, relativamente poco dislivello, tutto forestale.

14:40 Parcheggiamo alle piscine di Carona, cielo limpidissimo e terso dopo la bufera di vento dei giorni prima. So che il percorso non è particolarmente panoramico, c'è molta vegetazione, ma nei punti di bellavista si spazia per diverse decine di chilometri.



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Il Tamaro e Manera, ad esempio, sono visibili perfettamente. Ci avviamo lungo il sentiero che porta verso Madonna d'Ongero, una bella chiesetta a pochi minuti dal paese di Carona.

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Sulla forestale un po' di neve ghiacciata, nessun problema. Temperatura mite, il termometro dell'auto marcava 14°C, il favonio ha lasciato traccia del suo passaggio.

14:50 Ci spostiamo sul punto di bellavista di fronte alla chiesa, e in effetti la vista è semplicemente splendida. Tutto il Pian Scairolo, e le montagne fino al Pizzo di Claro, passando per il Caval Drossa, il Bar, la Cima del Gaggio, e tante altre.

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Questa sopra, ed esempio, è la Cima del Gaggio, distante circa 20 Km in linea d'aria... Subito dopo la chiesa c'è la biforcazione: prendiamo a sinistra (a destra si scende verso Torello, con il suo ex-convento, per arrivare a Morcote), seguendo la forestale che resta praticamente in quota in direzione dell'alpe Vicania.

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Si seguono in contrafforti dell'Arbostora, la cui cima ci resta nascosta dalla vegetazione. E' solo 300 metri sopra di noi, ma niente da fare. Incontriamo poche persone, qualche cane (tutti coccoloni), si va via che è un piacere.

15:25 Iniziamo l'ampia curva che ci porta a guardare verso Ovest. In un'apertura della vegetazione posso riprendere il Lema, ed il lago nella zona di Figino.

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Poi, dopo l'ampia curva il panorama inizia ad aprirsi anche verso Sud, e ci offre il Poncione d'Arzo.

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15:50 Tranquilli tranquilli arriviamo all'alpe Vicania. Ho messo in programma due soste thé, una qui, e una al ristorantino del parco San Grato. Il ristorante effettivamente è aperto, e la temperatura è talmente gradevole che decidiamo di bere all'esterno, anche per non sporcare il pavimento all'interno.

2010.12.11-Arbostora 8192
Da quando siamo partiti, praticamente niente più rumori di traffico. Qui all'alpe, poi, la vista è ampia dato che il terreno è stato disboscato. Cavalli, silenzio, tranquillità, un piccolo paradiso.

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16:10 Ripartenza. Il sentiero ci porta a scollinare sopra l'alpe Vicania, in direzione del San Grato. In breve il ristorante resta sotto di noi.

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La curva ora ci ha portati ad avere visibilità verso Sud-Sud-Ovest, e in effetti appare il San Giorgio, proprio di fronte a noi, dall'altra parte del lago.

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Sembra di poterci arrivare direttamente, in realtà in mezzo c'è il buco con il lago...

16:25 Tramonto iniziato, ma non mi preoccupo, questa forestale si può percorrere anche con il buio. La vegetazione è praticamente tutta addormentata, tranne qualche rara macchia di colore.

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In compenso il Generoso / Calvagione ci offre un spettacolo rosa.

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16:55 Arriviamo al parco praticamente al buio. In maggio qui è uno spettacolo: ci sono prima i rododendri, poi le azalee in fiore. Da visitare assolutamente per un pomeriggio, soprattutto se hai bambini: parco giochi, sentieri sicuri, percorso didattico, un incanto.

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Fregatura, il ristorantino del parco è chiuso. Fa nigot, ormai siamo quasi arrivati, e per buona misura ci siamo portati appresso una thermos piena. La macchina fotografica, non ostante la mancanza di luce, fa ancora miracoli, e riesco a riprendere il San Salvatore, con Carona ai suoi piedi.

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Tieni conto che era praticamente buio... Il sentiero di discesa è gelato, così optiamo per la strada asfaltata che sale da Carona. Nel frattempo anche la luna ha fatto capolino, e ci accompagna nella discesa.

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17:05 Siamo nuovamente al parcheggio. Passeggiata destressante a pochi passi da casa, adatta anche alle famiglie con bambini piccoli, praticabile tutto l'anno. Deliziosa. Rientriamo ricaricati, e pronti ad affrontare gli impegni sociali della domenica.

Ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

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Ciaspolata a San Bernardino, 16.01.2011

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Percorso effettuato: San Bernardino villaggio (Q1650) - passo del San Bernardino (Q2060) e ritorno.

Difficoltà: WT1.

Dislivello: 570 metri.

Lunghezza del percorso: 8.5 chilometri.

Sforzo equivalente: 13.5 chilometri.

Durata (incluse le pause): 4.5 ore.

Riferimenti sito dell'Ente Turistico di San Bernardino.

Piû di un mese di fermo, tra butto tempo, impegni natalizi, vacanze, ecc. ecc. Temo per la nostra condizione fisica. Quando finalmente annunciano bello stabile per domenica, non me la sento di fare grandi imprese, temo di scoppiare per strada. Così propongo a Rita, Danila e Pierfranco di fare la solita racchettata tranquilla da San Bernardino villaggio fino al passo omonimo e ritorno. La proposta viene accetta.

Questa località per noi è piena di ricordi, dai corsi di sci dei bambini, alle belle passeggiate estive in cerca di refrigerio, dalla prima nuotata di Zara (la nostra cagnona ormai scomparsa) nel lago artificiale, alle salite all'alpe Doss ad acquistare formaggi e yougurth. Ci torniamo sempre volentieri, ci sentiamo quasi a casa.

09:00 Parcheggiato, la giornata si presenta da cartolina immediatamente. Il cielo terso, le montagne che si stagliano decise chiudendo l'orizzonte. Caffé veloce prima di partire.

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09:45 Ci siamo spostati sul piazzale dell'Albarella, da dove parte il sentiero estivo che porta al passo, e che viene battuto in inverno per i ciaspolatori. Neve quest'anno non ce n'è molta, gli altri anni c'erano muraglioni di almeno un metro e mezzo da parte. Penso che la stagione sarà corta.

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Il primo tratto sale abbastanza tranquillo lungo un sentiero largo come un'autostrada. Mi piazzo immediatamente al mio posto, in fondo alla coda.

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Temperatura gradevolissima, non mi sono coperto troppo, eppure devo togliere quasi subito la felpa. Intanto il paesaggio inizia ad allargarsi dinnanzi a noi.

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10:10 Arrivati al cartello didattico prendiamo a destra, per non salire lungo il tracciato della strada del passo. Quasi subito si vede la prima salita forte (ce ne sono due in tutto), ma soprattutto una fila di formiche umane, tutte intente a percorrere la stessa traccia.

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Oh oh, non mi attendevo così tanta gente... Sarà per colpa dei miei articoli / diari? Decisamente oggi non soffriremo di solitudine. Non è un problema, c'è spazio per tutti. Intanto sento però che la salita mi pesa più del solito. Saranno i bagordi, saranno i combattimenti da tavola natalizi, o la lunga pausa, ma quel poco che avevo incamerato in estate sembra essersi dileguato come neve al sole. Non ostante tutto, recupero sul serpentone che mi sta davanti: devono essere principianti.

2011.01.16-Ciaspolata-a-San-Bernardino 8471
10:25 Adagio adagio ho iniziato a superare pezzi di serpente. Viaggio per un po' appaiato con qualcuno, mi fermo, riparto, e all'improvviso mi ritrovo davanti. Provo un po' di fuoripista, ma la crosta non è portante, e si sprofonda mica male, aumentando la fatica. Decido di lasciar stare. Sotto di me intanto si vede ancora per poco San Bernardino.

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Adesso c'è il secondo strappo, pendenza micidiale. Nascondo la fatica facendo finta di voler scattare taaaante foto, giusto per non perdere la faccia. In effetti il paesaggio merita, con il la cima Sud e la cima Nord del Piz Uccello, il gruppo del Lumbreida, il Trii Oman.

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10:50 Tre angeli hanno deciso di attendermi. Saranno li da circa un'eternità, ad occhio e croce: è da molto che li ho persi di vista.

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Da qui fortunatamente, pur continuando a salire, il sentiero si spiana bene. Il folto dei gruppi ormai è indietro. Ci ricompattiamo (per poco), e proseguiamo verso la nostra meta.

2011.01.16-Ciaspolata-a-San-Bernardino 8484
11:10 Sass de la Golp, manca poco orami. La giornata è assolutamente deliziosa, praticamente sono mezzo biotto (dialetto ticinese = nudo). Ci saranno almeno 10°C, e lo si nota dalla neve fradicia che non tiene quasi più il peso.

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Sotto di noi, sotto la neve, zona di torbiere. Chissà quante rane sono in letargo (ibernazione?) attendendo la bella stagione.

11:30 Orami si marcia quasi senza più salire. Ampio pianoro dinnanzi a me, zigzaggo fuori pista, tanto per complicare la vita a chi verrà dopo. Quale sarà la traccia giusta?

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11:50 Ho perso di vista i miei compagni da un bel pezzo, vanno come treni... Arranco miseramente come una locomotiva sfiatata lungo l'ultimo pezzo di salita, e nuovamente c'è chi ha deciso di attendermi :-)

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Orami siamo quasi soli lungo il percorso. Ampio pianoro, dà l'impressione di essere ad un passo dal cielo.

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12:10 Scolliniamo a sinistra per portarci all'ospizio del passo. Continuando dritti si scende verso Hinterrhein, ma non me la sento di percorrere questo tratto. L'ultima parte di discesa avviene lungo un pendio molto ripido, già impegnativo in estate, e foriero di brutte avventure in inverno.

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Discesa in fuori pista con lunghe scivolte in telemark, un piede avanti, l'altro dieto, leggermente piegati sulle ginocchia. Goduria magna!!!

12:20 Troppa gente all'ospizio, sembra la spiaggia di Rimini in agosto. Avevmo già deciso di fare pranzo a San Bernardino una volta rientrati, così decidiamo di saltare la pausa, e avviarci subito lungo la strada del rientro.

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Per fortuna che non c'è il famoso vento del passo. Ricordo un mercoledi delle Ceneri, con -15°C in paese, e il vento che rombava lungo la valle. Roba da morire dal freddo. Invece di prendere la strada del passo, continuiamo lungo il laghetto gelato.

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12:45 Davanti a noi si apre la Mesolcina, e inizia la discesa vera e propria.

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Scendiamo seguendo in linea di massima il tracciato della strada, con diversi passaggi lungo scoriatoie che evitano i tornanti. La neve molliccia permette di scivolare bene, e lavorando con le ciaspole bloccate ed il tacco la fatica è minima.

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13:45 Discesa senza storia né gloria. Nell'ultimo tratto la neve è talmente compatta, e la pendenza poca, che possiamo già togliere le racchette, si marcia meglio senza. Sul lato della strada, sculture invernali.

2011.01.16-Ciaspolata-a-San-Bernardino 853114:10 Arrivati, ben affamati, ci imboschiamo per una minestra d'orzo.

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Morale alle stelle, giornata da incorniciare. Decisamente una passeggiata facile, adatta ai principianti, nessun rischio di valanghe, percorso non troppo lungo, impossibile perdersi lungo il tracciato.

Ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

Profilo
Sulla destra mancano circa 700 metri di percorso e circa 70 di dislivello...

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Ciaspolata alla capanna Bovarina e alpe Pradasca, 23.01.2011

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Percorso effettuato: Campo Blenio (Q1216) - Ronco di Gualdo (Q1573) - capanna Bovarina (Q1870) - alpe Pradasca (Q1420) - Ronco di Gualdo - Campo Blenio.

Difficoltà: WT2 / T2.

Dislivello: 940 metri.

Lunghezza del percorso: 13 chilometri.

Sforzo equivalente: 22.5 chilometri.

Durata (incluse le pause): 6 ore.

Riferimenti capanna Bovarina UTOE.

Mi sa che quest'anno la stagione ciaspolante sarà corta... Da Bellinzona la neve la si vede quasi solo con il binocolo, mentre l'anno scorso di questo periodo ce n'era una caterva. Telefonicamente Pier ed io discutiamo la situazione, si decide per la Bovarina, che essendo abbastanza in quota, dovrebbe permettere di salire con le racchette. Inoltre la capanna offre un locale invernale aperto, con stufa economica e una a gas a pagamento, per cui per il pranzo saremo al riparo.

09:50 Dopo la solita fermata caffé al ristorante Posta ad Olivone, dove la signora ci ha riconosciuti immediatamente, e salutati con un bel "Heilà giovanotti...", Arriviamo a Campo Blenio, e sistemiamo l'auto nello spiazzo delle piste da sci. La giornata, non ostante i -4°C, si preannuncia di quelle da incorniciare. Sguardo verso la nostra meta...

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...e verso l'alpe Camadra.

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Risaliamo fino all'attacco delle piste di sci, dove sono stati marcati dei percorsi per le ciaspole, ognuno debitamente numerato. Non so quale sia il nostro numero di percorso, ma non mi preoccupo, alla Bovarina ormai ci posso arrivare ad occhi chiusi.

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La neve è bella compatta, con crosta ghiacciata portante. Calzo le ciaspole per superare la pendenza che aggira le piste di sci, e conduce direttamente alla forestale per Ronco di Gualdo appena sopra il paese. Appena raggiunta la forestale, tolgo le racchette, tanto si cammina più in fretta senza. Appena superata la prima curva, come settimana scorsa, biscione umano di ciaspolatori davanti a noi.

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Inizia ad essere difficile trovare un percorso da meditazione...

10:30 Salendo siamo usciti dal cono d'ombra del Rossetto, e sotto di noi si può ammirare Campo Blenio che inizia a vedere l'alba.

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Saliamo senza problemi, la pendenza è adatta ai veicoli. Adagio adagio raggiungiamo il serpentone davanti a noi, senza mai superarlo.

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10:45 Passata Orsaira, inizio ad intravvedere la prima meta di oggi: una baita, dietro la quale, a poche centinaia di metri, si trova la capanna.

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11:00 Eccoi al ponte d'Orsaira. Subito dopo il sentiero inizia a salire nel bosco, tagliando diritto verso Ronco di Gualdo.

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I miei compagni se la sono fatta tutta con le ciaspole, io senza. Ciò non ostante (o forse proprio per questo) sono riuscito a mantenere il loro passo anche in salita.

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Sul ponte mi fermo a rimirare gli splendidi giochi d'acqua e ghiaccio. Mi sovvengo delle parole di Eru, ne "Il Silmarillion", quando spiega ai Valar che Morgoth, per quanto possa cercare di addugiare il creato, in realtà ne esalta ancor di più la bellezza.

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L'acqua mi affascina sempre, in tutte le sue forme. E l'acqua modella la roccia, e da essa ne viene modellata.

Subito dopo il ponte informo la combricola che salirò lungo la forestale. Penso che dato che la pendenza è minore, dovrei arrivare assieme a loro. Salendo nel bosco invece, temo di restare indietro come al solito.

11:25 In effetti siamo arrivati quasi assieme. E' consuetudine fare una breve sosta qui, a Ronco di Gualdo, e fotografare la parete della baita con appesa una imitazione di un corno delle alpi. Propongo la foto alla mia relfex, la quale disgustata mi sputa in un occhio. Così mi accontento delle montagne che contornano il Luzzone.

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11:45 Ripartiti, arriviamo in un attimo al ponticello che riscavalca il fiume Orsaira. Mi avvicino, e il mio stomaco subisce una strizza da vertigini. Il passaggio sulla neve è stretto, il parapetto lo posso dimenticare dato che è al livello dei miei piedi. Mi faccio coraggio, e passo come un funambolo, con le braccia aperte.

Subito dopo inizia la salita nuda e cruda per la Bovarina. Decido di tentare, e lasciare le ciaspole nella loro custodia (pesano sulle spalle, devo dire). La neve porta bene. Mi ricordo di due o tre passaggi impegnativi, deciderò al momento cosa fare.

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Intanto il serpentone lo abbiamo perso completamente: a Ronco di Gualdo hanno preso a sinistra, e sono saliti verso l'alpe Pradasca. Adesso siamo soli, e mi gusto il silenzio tutt'attorno, tanto più che ciaspole o non ciaspole, Pier, Danila e Rita stanno salendo con la loro solità velocità autostradale, mentre io arranco miseramente.

12:20 I punti impegnativi sono riuscito a superarli senza tirar fuori le racchette. Il piede non sprofonda, e passetto dopo passetto mi innalzo. Ad un certo punto (ormai manca poco), un raggio di luce illumina il percorso: qualcuno mi sta attendendo.

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12:30 Ecco il marcatore d'arrivo: la famosa baita, così distante alle 10:00, e così prossima ora.

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Sotto di me, l'alpe Pradasca, e mi sembra che il serpentone sia arrivato a destinazione.

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12:40 Ultimi metri di salita, curva a sinistra, leggera discesa, leggera salita, ed ecco apparire la Bovarina, in spolverio invernale.

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L'ultima volta che vi ero passato era il 31.07.2010, tornando dal "Sentiero degli Stambecchi"... Piazziamo le ciaspole ad asciugare, togliamo gli scarponi al pianterreno, dove ci sono ciabatte per tutti, e saliamo al referttorio al primo piano. I tavoli quasi tutti occupati, il locale caldo (qualcuno ha anche pernottato). Pausa pranzo, con panino, due mandarini, thé caldo.

13:30 Usciamo, e complici una brezza in discesa dall'alpe Bovarina e l'avvio della digestione, veniamo colti da un attacco di freddo. Su tutto per coprirsi, sembriamo dei pinguini. Poi ci incamminiamo lungo la canalina di salita, che quest'anno ha poca neve, e la maggior parte del pendio ha già scaricato.

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Un saluto alla Bovarina...

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...e via senza ciaspole. Qui la neve è meno portante, probabilmente a causa dell'esposizione al sole. Tuttavia tengo duro, e tengo il peso in spalla.

13:45 Arrivati al bivio, invece di continuare dritti verso l'alpe Bovarina, scolliniamo a sinistra, per accorciare la strada. In alto la zona del passo di Gana Negra, splendido in estate e in inverno.

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La neve è diventata decisamente soffice. Che faccio? Boh, provo il mio passo Shaolin, quello che non dovrebbe lasciare segno del passaggio. E' una roba mentale, penso, ma intanto funziona, e riesco a non sprofondare. Subito dopo la cresta, il sentiero scende ripido verso un gruppo di tre casette. Ho un bel numero di scarpe, magari funzionano come alternativa alle ciaspole?

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Funzionano!! Riesco a fare telemarking... Non tutti i mali vengono per nuocere. Subito dopo le casette riprendiamo il sentiero, tiene bene tanto è stato battuto. Il vento ci sferza ancora, facendo abbassare la temperatura percepita di un buon 10 gradi.

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Passaggio e paesaggio di quelli che ti restano nel cuore...

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Iniziamo la discesa, faccio il gradasso e mi porto in testa. Lavorando di tacco riesco a scendere ad una velocità impressionante, senza perdere l'equilibrio. Decisamente i miei scarponi sono meglio delle racchette da neve. Forse da Ghirone mi stanno osservando...

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14:25 Alpe Pradasca. I ciaspolatori del mattino non ci sono più, probabilmente sono già rientrati. Oltre i tetti delle stalle, il Sosto ci osserva.

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14:45 Il sentiero nel bosco orami è agevole, largo e comodo. A questo punto inizio a rimpiangere di essermi caricato le ciaspole: potevo tranquillamente farne a meno. Un tre chiletti in meno sulle spalle non mi avrebbero fatto piangere. L'ultimo pezzo di discesa verso Ronco di Gualdo è nuovamente un po' più impegnativo, ma orami ho imparato come si fa, e scendo facendo ballare il sedere come una ballerina di can-can.

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Rita ad ogni modo ci ha surclassati tutti, e sta aspettano, schiena al vento per ripararsi.

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Bel gioco d'acqua e ghiaccio della fontana.

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15:20 Siamo ben avviati verso Campo Blenio, il sole si avvicina all'orizzonte, e la luce si fa più soffusa, quella che preferisco per le foto.

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Il Sosto dritto davanti a noi.

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15:50 Nuovamente a Campo Blenio, il sole ormai tramontato (anche se abbiamo guadagnato un'oretta di luce dal solstizio d'inverno).

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Finalmente posso scaricare le ciaspole dalle spalle, mi sembra di essermi alzato di dieci centimetri. Mamma se pesano... Poi discesa ad Olivone, merenda, e ritonro a casa a orari potabili, le gote arrossate dal vento freddo e dal sole.

Questo è il profilo altimetrico da Campo Blenio a Ronco di Gualdo (e ritorno)....

Profilo1
E questo il profilo dell'anello Ronco - Bovarina - alpe Pradasca - Ronco.

Profilo2
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La "Strada Bassa" della Leventina: da Airolo a Lavorgo, 06.02.2011

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Percorso effettuato: Airolo (Q1200) - Gole dello Stalvedro - Piotta (Q1006) - Ambri (Q985) - Fiesso (Q962) - Rodi (Q940) - Gole del Piottino - Mairengo (Q909) - Faido (Q755) - Lavorgo (Q674).

Difficoltà: T1 e T2.

Dislivello: salita 720 metri, discesa 1240.

Lunghezza del percorso: 26.5 chilometri.

Sforzo equivalente: 35 chilometri.

Durata (incluse le pause): 6 ore.

Riferimenti il "Dazio Grande" di Rodi.

Questo è il diario di una escursione svoltasi moooolto differentemente rispetto a quanto pianificato. La mia idea era di farmela tutta da Airolo a Biasca, continuando da Lavorgo verso Nivo, poi Chironico, da lì nel bosco a circa Q900 fin sopra Personico, discesa, e arrivo a Biasca. Una quarantina di chilometri, e se me la fossi sentita, avrei continuato fino a Bellinzona. Ma tutte le volte che organizzo una cavalcata come si deve, qualcosa va storto...

In settimana pianifico tutto a puntino, in modo da ridurre al minimo i disvlielli (sono quelli che mi fregano, non la lunghezza), memore della pescata fatta durante l'escursione sulla "Strada Alta" delle Leventina, quando non avevo voluto credere al mio DVD. Due o tre punti topici, dove tra le varianti ci sono alcune centinaia di metri di dislivello di differenza, come per scendere le Gole del Piottino. Inoltre cerco di minimizzare il precorso su asfalto, e massimizzare quello su sentiero.

Metto in conto anche la visita al Dazio Grande di Rodi, struttura che per secoli ha rappresentato un punto di sosta importante per chi percorreva la via del San Gottardo. Si pagava dazio, appunto, ma c'era anche l'osteria con alloggio, e la possibilità di cambiare il tiro di cavalli. I miei calcoli temporali dicono circa 8.5 ore fino a Biasca, più le soste. Nessun problema di velocità, Rita ha un corso, per cui vado in solitaria.

La meteo è prevista splendida: da alcuni giorni l'anticiclone delle Azzorre ha portato bello e caldo, con temperature che arrivano vicine ai 20°C. Anche per domenica le previsioni sono da giornata primaverile, per cui mi organizzo a cipolla stratificata: freddo alla partenza, caldo al pomeriggio. Bella scorta d'acqua nello zaino, frutta in abbondanza e cioccolata.

07:20 Airolo. La sveglia ha suonato alle 5:00 (ma ti rendi conto che neanche in settimana mi alzo così presto?), treno alle 6:06, alle 6:55 sono in stazione, ma è ancora buio, anche se Eos ha iniziato a mostrare la sua luce. Mi infilo nell'unico bar aperto, caffé, cornetto e giornale attendendo che il cielo schiarisca. Calcoli corretti, nel giro di un venti minuti albeggia. Fuori, e pronto alla partenza.

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Nel sottopassaggio della stazione ho visto il cartello che indica l'avvio della Strada Bassa, così lo ripasso, esco dall'altra parte, e, sorpresa sorpresa, mi ritrovo a pattinare sul ghiaccio... Ohi ohi, questa non l'avevo pensata. Con tutto il bello ed il caldo della settimana, ormai ero convinto di trovare sentieri puliti. Quanto mi sbagliavo... Procedo con passetti attenti e cauti, il ghiaccio è pronto per il campionato mondiale di pattinaggio artistico, si scivola che è un piacere. Dietro di me, il Lucendro inizia ad illuminarsi.

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07:40 Il sentiero mi ha riportato sulla strada principale, e posso camminare speditamente. Mi appresto a superare il primo salto, le Gole dello Stalvedro.

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Appena passata la galleria, il sentiero diverge nuovamente, scendendo verso il fiume. Una bellissima colata di ghiaccio mi ricorda (se ce ne fosse bisogno a questo punto), che il Generale Inverno non ha ancora mollato la sua presa.

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Allegro e contento scendo al ponte, lo attraverso, e continuo senza problemi lungo la forestale, incontrando un mix di antico e moderno: rustico e container.

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07:55 La forestale inizia nuovamente ad essere coperta di ghiaccio, e sono dolori. Accanto a me il Ticino, che qui muove i primi passi ed emette i primi vagiti: guardandolo non crederesti che possa diventare il corso d'acqua che si butta nel Pò a Pavia. Gli è che il bacino imbrifero è estremamente ampio, e raccoglie le acque dal San Bernardino fino alla valle del Toce, alimentandolo in modo impressionante.

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Tutto molto bello, ma il fondo sul quale cammino...

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Uno slalom continuo cercando i punti meno scivolosi, che non ci sono. Camminare fuori tracciato è faticoso, la neve sembra portante, ma si sprofonda fino al polpaccio. Adagio adagio, passetto dopo passetto continuo. La mia media oraria calcolata è già andata a farsi benedire. E sono molto preoccupato per il tratto nel bosco tra Chironico e Personico, più o meno a questa quota.

08:05 Ho passato la stazione di servizio dell'autostrada, quella della corsia Sud-Nord, e mi ritrovo davanti ad un ponticello, scivoloso che la metà basta.

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E dall'altra parte, l'inferno. Sentiero tipo T2, bellissimo in estate, con un 5-6 metri di scarpata sulla sinistra, largo qualche decina di centimetri, E COMPLETAMENTE GHIACCIATO. Senza punti di appiglio. Il ghiaccio liscio come un vetro. Fatica immonda e boia per proseguire, test di tenuta, piede che parte per i fatti suoi senza preavviso, e la scarpata da parte... Non era così che me l'ero immaginata.

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08:30 Il T2 si è trasformato nuovamente in forestale, senza nessun beneficio per quanto riguarda il ghiaccio. Sulla mia destra vedo una scaletta che presumibilmente porta alla strada principale: meglio l'asfalto che questa tortura.

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Salgo, e mi ritrovo davanti la piana di Ambri-Piotta, che mi condurrà fino al Dazio Grande.

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Gà, però... 1) Ho impiegato più di un'ora per percorrere meno di 4 chilometri, e questo ci può stare, e 2) i quadricipiti mandano gli stessi segnali di avvertimento che avevo provato dopo aver sbagliato il percorso al portale Nord della galleria di Roveredo nell'escursione da Bellinzona a Mesocco, o in Calanca dopo il campo di neve. Dicono "siamo stanchi"!! Brutta faccenda, appena partito... I miei calcoli dicevano che li avrei sentiti così a Personico, non qui. Mi accorgo che il passo non è sciolto come dovrebbe essere, e questo è foriero di sgradevoli sensazioni.

08:40 Arrivo all'area di sosta dello Stalvedro, corsia Nord-Sud. Architettura particolare e ardita, merita un ricordo.

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08:55 Ambrì. Le Ferrovie Federali Svizzere (FFS) hanno avuto un colpo di coraggio: la stazione dipinta di azzurro :-)

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09:10 Sto per svincolare dall'asfalto e tornare su forestale. Sguardo indietro: Quasi due ore per un tratto per il quale avevo calcolato poco più di un'ora. Da piangere...

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Ad ogni modo adesso ho ripreso il mio ritmo, anche se le gambe non hanno recuperto dalla sforzo iniziale. Poverine, così magre e con poca muscolatura, sono già brave a fare quello che fanno. Da parte a me, i vagiti del Ticino hanno iniziato ad essere più consistenti, anche se è ancora poco più di un rigagnolo. Sulla mia sinistra sono sfilate la funicolare del Ritom, Altanca, chiesette varie. A sinistra l'attacco per la Garzonera ed il Ritom.

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09:35 Dopo una curva, davanti a me si spalanca la conca che chiude la piana, con il declivio che sale a Prato Leventina. E in fondo si intravvede il Piottino.

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09:55 Tarello per bene, passando prima Fiesso, poi Rodi, e arrivo al Dazio Grande. Bene, pausa caffé e visita. Noooooooo. E' chiuso. Chiuso chiuso. Rifletto, fino a Mairengo niente punti di sosta. Ascolto le gambe, che mi informano che se torno indietro loro non collaborano più. Vabbé, giornata nata storta, niente caffé sulla terrazza guardano le montagne, Altanca, ecc. ecc.

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Di una cosa sono contento però: ho recuperato sulla tabella di marcia. Avevo previsto di scendere lungo l'antica via romana. La guardo, neve e ghiaccio. Per oggi ne ho avuto abbastanza, di questa combinazione. Mi infilo nel budello del Piottino seguendo la cantonale.

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Discesa veloce e senza problemi. Dall'alto continuo a rimirare la strada romana, che effettua diversi tornanti. Da tenere buona per l'estate. Lungo la strada ancora segni di gelo...

2011.02.06-Airolo-Lavorgo 8785
10:10 Bivio. Questo è uno dei punti topici che avevo controllato sul DVD. Da qui ci sono tre percorsi per arrivare a Faido, quello con meno dislivello prevede una salita di circa 200 metri verso Mairengo. Mi sono preparato un foglietto con gli appunti, anche se per precauzione ho portato la cartina. Dopo poche centinaia di metri la forestale entra nel bosco, e diventa sentiero a tutti gli effetti. Sotto un albero diverse piume di corvide. Li sento gracchiare in giro in effetti, ma non capisco se si sia trattato di un litigio, o qualcuno che ha sparato.

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10:20 Poco oltre, un punto di "bellavista": una piattaforma che si protende dal sentiero, con due cartelli. Sto camminando da tre ore senza sosta, decido che posso anche fare una fermata. Devo ricaricare la bottiglietta d'acqua, e mettere qualcosa in pancia. Mandarino, frutta secca, e due righe di cioccolata. Slurp.

2011.02.06-Airolo-Lavorgo 8802
10:30 Pausa terminata, via lungo il sentiero. In effetti c'è un po' di saliscendi, ma è bello camminare sul tappeto di aghi, i piedi ringraziano. E per dimostrarmi che la primavera ha già iniziato ad alitare il suo spirito, una formichina intenta a trascinare qualcosa verso casetta.

2011.02.06-Airolo-Lavorgo 8811
10:50 E adesso inizia la salita. Sto passando nella parte inferiore del bosco d'Öss. L'anno scorso, percorrendo la strada alta, in questo bosco avevo dovuto scendere di diverse centinaia di metri. Quest'anno mi tocca salire per passare un canalone con riale. Uffa, non potrebbero spianare?

2011.02.06-Airolo-Lavorgo 8810
Passo zone dove il bosco è stato decimato in modo impietoso. Salita impegnativa, che infine mi porta a superare un ponticello. Subito dopo un bivio, con le indicazioni per Mairengo: sono sulla strada giusta.

2011.02.06-Airolo-Lavorgo 8813
Nel frattempo ho dovuto togliere la felpa, causa caldo e riscaldamento da salita. Il sentiero si spiana e si allarga, facendomi capire di essere in prossimità di un abitato.

11:10 Raslina, piccolo nucleo in prossimità di Mairengo. Ulteriore fermata per togliere la canottiera (per fortuna nessuno mi vede, non è proprio un bello spettacolo), accanto alla casa di un (probabilmente) ex-ferroviere.

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Da qui praticamente in piano fino a Mairengo. Le gambe nel frattempo si sono inlegnite ancor di più. Orami ho messo una croce sull'idea di tirare fino a Bellinzona, e sarei già contento di arrivare a Personico.

11:20 Passo il grazioso abitato di Mairengo. Un'osteria aperta, sono in dubbio se fermarmi per la minestra che avevo pianificato... Ho fatto tappa appena un'ora fa, tiro almeno fino a Faido.

2011.02.06-Airolo-Lavorgo 8827
Il sole inizia a cuocere, ci saranno almeno 16°C. Non trovo un cartello specifico per la discesa a Faido, così seguo nuovamente la strada asfaltata, passando da Tortengo. Qualcuno sa perché tutti questi "engo" nei nomi? Lurengo, Polmengo, Maireno, Tortengo, Mascengo... E in basso "nico": Giornico, Calonico, Anzonico, Chironico...

2011.02.06-Airolo-Lavorgo 8830
11:50 Discesa senza storia verso Faido, passando dalla casa per anziani, stazione, poi lungo la via principale fino alla piazza. Edifici pregevoli lungo la via.

2011.02.06-Airolo-Lavorgo 8840
Un termometro della farmacia che segna 26°C. Anche se sbagliasse di 4 gradi, ce ne sarebbero sempre 22°C. In effetti i liquidi stanno scendendo velocemente. Mi guardo in giro per la mia minestra, ma nessuna chance. Diversi ristoranti sono chiusi, i due aperti sono troppo stellati per il mio abbigliamento. Devi pensare che la Leventina, dall'apertura del passo e fino all'apertura della galleria stradale del San Gottardo, era una via di transito per tutti i mezzi motorizzati. In estate in particolare, era una teoria di auto, roulotte, camper, pullman, camion, che percorrevano la valle lungo la strada cantonale, passando all'interno di ogni abitato. Fiorivano allora i distributori di benzina, gli hotel ed i motel, i bar e ristoranti. Attraversare la strada principale in paese era un'avventura, potevi attendere delle mezz'ore prima di trovare un buco. Il dazio (e dai con sto dazio) era il rumore, l'inquinamento, ma si sa, "pecunia non olet". Poi, all'improvviso, nell'agosto del 1980 tutto il traffico passa dall'autostrada. La cantonale si svuota, e uno dopo l'altro i distributori, gli hotel ed i motel, e diversi ristoranti hanno chiuso per mancanza di clientela. Resta poco ormai, ma almeno attraversare la strada non è più un problema. Il puzzo, l'inquinamento ed il rumore ci sono ancora, anche se spostati di qualche centinaio di metri: la valle è stretta, e l'autostrada passa non troppo distante dagli abitati. E fra poco, nel 2017, aprirà la galleria di base del San Gottardo, da Pollegio ad Erstfeld. La vecchia ferrovia del San Gottardo diventerà un cimelio storico. A questo aggiungi che probabilmente nel 2020 chiuderanno il traforo stradale per tre anni per eseguire i lavori di manutenzione: la Leventina tornerà ad essere quello che era nel 1800: una regione straperiferica, senza sbocchi, e forse senza futuro. Scusa la lunga disertazione...

Decido che posso fare a meno della minestra, mi fermerò a mangiare qualcosa dal mio sacco da qualche parte. Dalla piazza scendo verso il fiume, passo la pista di pattinaggio, ed il centro dei pompieri con bella torre d'esercitazione.

2011.02.06-Airolo-Lavorgo 8844

Le gambe ormai sono dure anche in piano. Continuo per qualche centinaio di metri, poi la mia amica di oggi torna a farmi visita.

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Zona fredda, quella dello stand di tiro.

12:45 Sono uscito dal cono d'ombra, e mi ritrovo su di una bella forestale piana e dritta. In condizioni normali a questo punto lascerei dietro di me la polvere, come Speedy Gonzalez. Questa volta, invece,arranco miseramente, le gambe dure dure. Orami ho deciso, mi fermo a Lavorgo.

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Il Ticino, accanto a me, inizia a mostrare i muscoli, ma sono piccoli come i miei :-)

2011.02.06-Airolo-Lavorgo 8857
Mi fermo per una breve pausa, banana, frutta secca, liquido isotonico, ricarica bottiglietta. Poi via di nuovo, anche se ormai faccio veramente fatica. Magari sono anche fuori forma per la lunga pausa... Sté mattane dovrei programmarle in ottobre, quando ho nei muscoli l'allenamento dell'estate, e non trovo neve e ghiaccio in giro. Imparato. Sopra di me una delle due chiesette della Strada Alta visibili dal basso.

2011.02.06-Airolo-Lavorgo 8866
13:10 Arrivo alla centrale elettrica di Lavorgo, ormai praticamente in piano. Le gambe supplicano il riposo, chiedo loro un piccolo sforzo per aggirare la centrale, e passare il ponte pedonale che porta a Lavorgo.

2011.02.06-Airolo-Lavorgo 8874
Bella costruzione, ad ogni modo, questa centrale. Credo che sia in stile industriale 1800 (periodo in cui hanno aperto la linea ferroviaria del Gottardo). Personalmente la trovo pregevole. Scendo al bacino fotografando del vischio lassù in alto, su di un albero, poi passo il ponte e arrivo a Lavorgo. Magari ci sta la minestra...

2011.02.06-Airolo-Lavorgo 8877
13:25 Per sicurezza decido di controllare l'orario del postale. Ce n'è uno tra cinque minuti, lascio stare la minestra per la terza volta. Mi girano un po' le scatole, non riesco ad andare oltre a Lavorgo. Anche l'anno scorso lungo la Strada Alta, alla fine mi sono ritrovato qui, anche se ero riuscito a percorrere più chilometri e dislivello. Spero che Lavorgo non diventi il mio capolinea per sempre... Puntuale arriva il postale, e rientro a casa.

Ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

Profilo
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La via dei Monti del Gambarogno, 26.02.2011

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Percorso effettuato: Vira Gambarogno (Q210) - Fosano (Q350) - Monti di Fosano (Q649) - Bivio dei Monti di Piazzogna (Q769) - Monti di Piazzogna (Q778) - Monti di Vairano (Q820) - Monti di Gerra (Q820) - Monti di St.Abbondio (Q815) - Monti di Caviano (Q673) - Caviano (Q274).

Difficoltà: T1 e T2.

Dislivello: salita 1175 metri, discesa 1116.

Lunghezza del percorso: 13 chilometri.

Sforzo equivalente: 25 chilometri.

Durata (incluse le pause): 6.5 ore.

Riferimenti pagina delle escursioni dell'Ente Turistico del Gambarogno., il comune del Gambarogno su Wikipedia.

Da un anno a questa parte, per motivi di lavoro, ho iniziato a frequentare il Gambarogno, passando brevemente anche da frazioni poste ben al di sopra del livello del lago. Zona che ho sempre avuto davanti agli occhi in gioventù (sono cresciuto a Locarno), ma che non posso dire di conoscere... Come al solito per domenica è previsto brutto, ma c'è qualche speranza per sabato. Consultando il mio DVD, vedo un percorso che promette bene, e che unisce tutti i Monti del Gambarogno attorno a Q800. Il profilo non è mortale, lo propongo a Rita, e sabato si va.

10:20 Non c'è che dire, siamo ben pigri. Orami è metà mattina, e ci accingiamo a partire solo adesso.  La meteo aveva promesso una bella giornata, e contavo su questo per fare qualche bella panoramica del Locarnese. Invece, una foschia permea tutto, e già alla partenza rinuncio all'idea di usare il grandangolo sull'estuario della Maggia. Passiamo sotto la ferrovia, e imbocchiamo il sentiero che sale a Fosano. Sull'altra sponda si intravvede il Locarnese, parte del Piano di Magadino, e vigile, la sentinella della Verzasca, il pizzo Vogorno.

2011.02.26 Monti del Gambarogno 8884
La foto qui è migliore di quanto fosse l'originale, l'ho passata attraverso Picasa. Lungo la via di salita, vediamo le prime accordature degli strumentisti, che si preparano per la sinfonia mandalica di quest'anno. Piccole promesse di cose a venire, mi sa che non manca molto.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8888
10:30 La mulattiera sale abbastanza tranquilla, riesco persino a tenere il passo con Rita. Gli sforzi di salita iniziano a ripagarci, e sotto di noi Vira inizia a mostrarsi.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8893
10:45 Siamo a Fosano, piccolo insediamento estremamente ben tenuto. Quasi tutti gli edifici sono ancora in pietra, le vie del paese lastricate in sasso. Giardini riparati dal freddo mostrano anche loro che l'orchestra s'è desta.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8899
Piccola sosta per coccolare un cane e quattro chiacchere con due signore, poi alla fontana del paese mezzo cornetto integrale con riga di cioccolata nera, e thé caldo. Siamo veramente ben attrezzati! Poi su nuovamente per portarci verso il sentiero T2 che sale ai Monti di Fosano.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8900
11:10 Il sentiero è entrato nel bosco, prevalentemente castagno, e ogni tanto incrocia la strada che porta verso l'alpe di Neggia ed Indemini. Tanta foglia, e salendo il castagno inizia a lasciare posto alle betulle. Ogni tanto un manufatto d'altri tempi, come questo muretto a secco, costruito con tecnica mirabile, lungo un pendio abbastanza deciso.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8906
E di nuovo, uno strumento che viene accordato...

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8910
Rita, dopo aver messo il carburante in pancia, ha ripreso il suo ritmo normale di salita, il che significa che mi lascia indietro come niente fosse. Troppo bello per durare il passo uguale... Nei pochi sprazi in cui il bosco si apre vediamo il lago Maggiore, scatto anche qualche foto, ma ti risparmio il risultato.

10:45 Monti di Fosano raggiunti. Anche qui splendido insediamento d'altri tempi, con tanto di oratorio,segno che almeno in estate il posto era abitato con regolarità.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8916
Gente in giro non ce n'è. A parte le due signore a Fosano, non incontreremo quasi più nessuno. Proseguiamo il cammino lungo il sentiero che porta al Bivio dei Monti di Piazzogna, restando poco sotto la strada carrozzabile di Indemini. Al bivio il sentiero sale, e ci porta sulla strada.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8922
Il grosso della salita in una sola volta è fatto. Abbiamo ancora circa 500 metri di sali-scendi lungo il percorso, ma sostanzialmente restermo a questa quota fino ai Monti di Caviano. Continuiamo verso i Monti di Piazzogna, e lungo il percorso il Generale Inverno ci mostra le sue ultime armi, spuntate ormai, che perso il filo tagliente, si mostrano artistiche.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8926
Il pendio del Gambarogno, essendo esposto a Nord, gode di molto meno calore e luce rispetto alla zona di Locarno ed Ascona. In certe zone per quasi due mesi il sole non sorge mai. Più avanti ancora quadri ghiacciati, anche se per poco orami.

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2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8935
12:15 Orario buono per la fermata pic-nic. Una bella panchina dà verso il Ghiridone / Gridone / Limidario, il goflo di Locarno, le Isole di Brissago, con vista praticamente fino a Cannobio. Il tutto avvolto da una foschia che impedisce di godere dei dettagli. Panino, frutta secca, mentre mangiamo con la coda dell'occhio intravvedo un gatto. So che sa che so che c'è, per cui decide di farsi avanti. Bel micione, con molto DNA del gatto delle foreste norvegesi (come la nostra Tea), arriva a farsi coccolare a tutto spiano.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8941
12:40 Sistemata la pendenza alimentare, le coccole, la regolazione degli scarponi, ci infilimo i K-Way: la temperatura è calata, ed è partita la digestione. Il percorso verso i Monti di Vairano è su forestale, quasi in piano. Anche su questo tratto giochi di ghiaccio, non più temibile ormai come lo era stato tre settimane fa.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8948
 13:00 Arriviamo ai Monti di Vairano, che si sviluppano in orizzontale, a differenza degli altri che incontreremo. Notevole attività edilizia, casette ristrutturate e casette nuove.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8953
Finalmente, passato l'insediamento, il sentiero entra deciso nel bosco. Corre con leggere salite e discese, silenzio tutt'attorno, siamo gli unici abitanti della terra. Il fruscio della foglia morta sotto lo scarpone, il camminare allo stesso passo, il camoscio che passa sotto di noi, a circa 20 metri, e giochi d'acqua e ghiaccio incantevoli ad ogni angolo.
 
2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8964
13:25 Raggiungiamo un riale, ponte smontato per l'inverno. Fra poco qualcuno si prenderà cura della cosa, e lo rimonterà per il periodo estivo.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8966
Poco oltre, un ponte serio, in metallo. Raggiunta la metà, a sinistra uno spettacolo delizioso. Con l'aiuto di Rita sostituisco lo zoom con il grandangolo, senza guardare in basso, dove si trova il vecchio ponte orami marcito...

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8969
...e foto ad una cascata splendida, con i bordi completamente congelati. Valeva la pena di fare l'escursione anche solo per vedere questo.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8971
Si continua in un mondo fiabesco. Segni di risveglio...

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8977
...terreno gelato...

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...statue di ghiaccio...

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...e la mano dell'uomo, rispettosa.

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13:50 Monti di Gerra. Insediamento decisamente di rilievo, penso potesse ospitare qualche centinaio di persone. Case tutte ben tenute e curate, e c'è chi si è fatto aiutare dalla natura per costruire la terrazza.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8985
Più avanti, la testa di monte di una piccola teleferica, anche lei integrata nel paesaggio.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8986
Poi ci rituffiamo nel bosco, viandanti d'altri tempi che arrivavano e partivano, portando notizie e racconti, senza casa e a casa propria ovunque. Di nuovo un messaggio forte e chiaro, che la stagione sta volgendo.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8993
Il bosco si è trasformato, e diventato un faggeto. Splendido, alberi che diventano immensi e hanno bisogno di spazio per svilupparsi. In effetti non sono fitti come il castagno o la betulla. Alcuni mostrano una veneranda età, altri giovincelli sono ancora slanciati.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8995
La foglia comunque inizia ad esser un problema. Piuttosto abbondante, arriva metà polpaccio, e impedisce di vedere il fondo. Eccezionalmente mi faccio prestare un bastone da Rita (normalmente non li uso) per poter sondare il terreno davanti a me. Poi, ponte che non sembra molto stabile. Passiamo uno alla volta per non sovracaricarlo, usando la mano sinistra come moschettone.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8997
Dall'altra parte, "Alien" congelato.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 8999
Fin'ora abbiamo perso poco del panorama, il bosco è abbastanza fitto. Poi, in una radura, vista su Ascona (foto ritoccatta).

2011.02.26 Monti del Gambarogno 9001
14:50 Siamo quasi ai Monti di Sant'Abbondio. Una discesa in una canalina scivolosa e coperta di foglia ci impegna abbastanza. Scendiamo lentamente, per non lasciare sul terreno cadaveri.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 9011
Appena sopra l'insediamento un cartello ci indica che per continuare non si passa dall'abitato. che in effetti intravvediamo sotto di noi.

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Leggera salita che ci porta su di un costone, poi il sentiero spiana nuovamente...

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 9017
...per portarci ad un ulteriore ponte.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 9018
15:50 Camminata meravigliosa, a parte la foglia. Qualche foto di corso d'acqua, funghi, panorama (trovi tutto nell'album), poi un cancello ci dice che la pacchia è finita, siamo arrivati ai Monti di Caviano.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 9027
Il paese è veramente grande (ad occhio e croce direi la metà di Indemini), quasi tutte le case ancora in sasso, un tuffo nel passato quando passavo l'estate da mia nonna in Liguria. Un fienile con il tetto in paglia...

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 9029
...passaggi incrociati come a Castello del Giglio...

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 9031
...e vista dal basso.

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 9035
Qui si inizia l'avventura del signor Bonaventura... Dopo qualche centinaio di metri il sentiero si trasforma in una mulattiera con pendenza abominevole, fondo estremamente irregolare, sassi lisci che non sai se lo scarpone tiene. Una delle discese peggiori che io ricordi. I quadricipiti sempre in tensione per bloccare, il durone sotto il piede che inizia a dolere. La prossima volta faccio il giro al contrario, questo pezzo è meglio salirlo che scenderlo.

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16:45 Arriviamo a Caviano con le gambe rotte. E non per il percorso fino ai Monti di Caviano!

2011.02.26-Monti-del-Gambarogno 9047
Durante la discesa ho chiamato Andreas (con il quale avevo fatto il Sentiero degli Stambecchi) per verificare se si trova in Ticino, dato che ha una casetta qui vicino. C'è... Ci viene a prendere, e ci porta a Sant'Abbondio. Ha preparato una torta, caffé e thé. I piedi sotto il tavolo, grande vetrata con panorama sul Locarnese, il sole che tramonta, giornata splendida dietro le spalle, e chiacchere in libertà con un amico. Finale meraviglioso. Più tardi ci riporta a Vira per recuperare il nostro mezzo.

Ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

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Alla ricerca della primavera attorno al monte San Giorgio, 10.03.2011

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Percorso effettuato: Riva San Vitale (Q279) - Alpe di Brusino (Q671) - Serpiano (Q640) - Crocifisso (Q670) - Meride (Q588) - Riva San Vitale.

Difficoltà: T1 e T2.

Dislivello: 820 metri.

Lunghezza del percorso: 15 chilometri.

Sforzo equivalente: 24 chilometri.

Durata (incluse le pause): 5.75 ore.

Riferimenti: "Il comune di Riva San Vitale" su Wikipedia, "Il battistero di San Giovanni" su Wikipedia, "Il monte San Giorgio" su Wikipedia.

La primavera la devi cercare ben prima che si sia palesata. Inizia in modo subdolo, un fiore qui, una gemma là, e se non fai attenzione, non te ne accorgi. Ed un giorno ti svegli, e attorno a te è tutto fiorito, e ti chiedi "ma quando è iniziato?". Il San Giorgio per questo esercizio è un'ottima zona: bassa, diverse parti ben esposte al sole, e offre diversi itinerari interessanti, che non portano necessariamente sulla cima. Tenuto conto che su versanti Nord la neve è ancora presente a partire da Q900 circa, Rita ed io decidiamo per questo giro, per verificare a che punto stiamo con la sinfonia delle stagioni.

10:00 Arriviamo a Riva San Vitale, e iniziamo subito con un caffé. Poi ci spostiamo al battistero di San Giovanni, il più antico manufatto religioso conservato per intero (è datato del VI secolo, vedi il riferimento sopra). Ci colpisce la sua semplicità, la mancanza di sfarzo che si svilupperà nel Basso Medioevo.

2011.03.10-San-Giorgio 9056
Vasca battesimale monolitica (dal greco "mono" = uno, unico e "lithos" = pietra), pochi addobbi. La pianta è ottagonale, come pure il supporto della vasca. Dato che ci siamo, visitiamo anche la chiesa annessa.

2011.03.10-San-Giorgio 9060
10:40 Percorriamo tutto l'abitato: il sentiero dovrebbe iniziare da qualche parte lungo la strada che porta a Brusino Arsizio. Preoccupato, sul cartello giallo in paese non ho visto l'indicazione che cercavo... Tra il mio DVD dei sentieri e la cartina Quadraconcept ci sono delle discrepanze, potrebbe anche darsi che in realtà il sentiero non esista. L'aria è sporca di calligine, la visibilità non è quella che avrei desiderato. Passiamo sotto il tempio di Santa Croce, e usciamo dall'abitato.

2011.03.10-San-Giorgio 9066
10:55 Percorriamo più di un chilometro, e segni del sentiero non ce ne sono. Abbiamo deciso che se non dovessimo trovarlo, continuiamo fino a Brusino, per prendere la teleferica che sale a Serpiano. Poi, davanti a me una curva a destra, e stradina che sale a sinistra. Il mio naso (che non è piccolo) mi dice che potremmo esserci...

2011.03.10-San-Giorgio 9070
In effetti al bivio, a sinistra, troviamo il cartello giallo che ci dice "siete giusti".

2011.03.10-San-Giorgio 9071
Imbocchiamo la forestale asfaltata. Poco sopra un signore sta tagliando legna, per sicurezza (sono paranoico, io), gli chiedo se siamo giusti per Serpiano. Ci guarda stralunato, e ci informa che si, la strada è giusta, ma Serpiano è mooooolto lontano. Non commento, va bene così. Intanto lungo i bordi della strada piccoli indizii ci fanno capire che la primavera ha già attraversato la soglia.

2011.03.10-San-Giorgio 9073
Primule a tutto spiano (te le risparmio, non so quante ne ho fotografate, le trovi nell'album), ma anche fiorellini di altro tipo (Rita a casa proverà poi a identificarli).

2011.03.10-San-Giorgio 9085
Poco oltre il punto in cui abbiamo incontrato il signore, un bel cartello giallo ci dice che finalmente si inizia il sentiero nel bosco. Lo imbocchiamo, ed iniziamo la salita, ben ripida a dire il vero.

11:20 Abbiamo entrambi un piccolo buco nello stomaco, io poiché non faccio colazione, Rita dato che sono passate diverse ore da quando l'ha fatta. Una specie di panchina ci invita ad una breve sosta. Visibilità verso il lago praticamente zero, la vegetazione nasconde tutto.

2011.03.10-San-Giorgio 9082
Mezzo cornetto integrale con riga di cioccolata nera (mi sembra di averlo già scritto da qualche parte), thé caldo, e siamo pronti per rimetterci in cammino. Il bosco qui è composto prevalentemente di castagno, la foglia ancora abbastanza abbondante. Il sentiero percorre tratti quasi piani, per fare poi salti altimetrici con pendenza decisa, seguendo i contrafforti del San Giorgio, che resta nascosto sopra di noi, a sinistra. L'ambiente è molto secco, si vede che è da molto che non piove. Un segno sonoro però ci conferma che l'abbiamo trovata, la primavera: nel bosco canti di augelli... In inverno è tutto silenzioso, al massimo senti qualche corvide gracchiare. Ora invece, i nostri amici pennuti hanno iniziato i vari rituali, e si fanno sentire.

12:20 Abbiamo iniziato a girare verso Brusino. Di fronte a noi un castagno con masso: non capiamo se sia cresciuto a ridosso, oppure se abbia fermato il masso caduto dopo il suo sviluppo.

2011.03.10-San-Giorgio 9092
In uno dei pochi squarci di vegetazione riesco a riprendere il lago.

2011.03.10-San-Giorgio 9093
Testa bassa nelle salite, capisco che ci stiamo alzando guardando le foglie per terra. Se prima era tutto castagno, ora ci sono diverse foglie di faggio, e qualche betulla. Ad occhio e croce direi che siamo a Q600. Il sentiero in alcuni tratti è impegnativo, stretto, digradante a destra, coperto da foglia abbondante. Richiede cautela, e concentrazione. Interessante, ad ogni modo: poter stabilire approssimativamente la quota dalla foglia per terra... Ci devo pensare. Adoro questi sentieri nei boschi, soprattutto quando non c'è nessuno in giro. Con la fantasia corro, come quando ero bambino, e giocavo inventando luoghi e situazioni. E qui potrei essere un pellegrino, o un viandante, o un mercante che porta merci da un borgo ad un altro, o un soldato di ventura che ritorna alla sua casa dopo cento battaglie e mille ferite. I miei passi si uniscono alla storia di centinaia di persone che hanno già percorso questi tratti, e il soffio della loro memoria viene colto, immagini che rivivono nella mia mente di cose che forse sono state, che forse saranno nuovamente.

12:45 Abbiamo percorso gran parte del tratto esposto a Nord, fiori pochini. Un'ulteriore curva lungo i fianchi della montagna ci porta ad un sentiero ben più spianato, e soprattutto ci dona finalmente il silenzio: fino a qui ci aveva accompagnati il rumore continuo dell'autostrada. Ora finalmente il rumore è scomparso.

2011.03.10-San-Giorgio 9097
Il bosco si è diradato di molto, il castagno è praticamente scomparso, e siamo accompagnati dal faggio, pianta che può crescere assai, e che di conseguenza ha bisogno di spazio tutt'attorno. Il sentiero è appena una traccia, le marche sono sbiadite e quasi non si vedono più. La foglia nasconde il percorso, sentiero ben poco battuto, ma Rita guida in modo sicuro, leggendo i pochi indizi sul terreno in modo corretto. Sulla nostra destra, tra la vegetazione, intravvedo l'Arbostora, Morcote, Vico Morcote, ma rinuncio all'uso della macchina: foschia e vegetazione non sono buoni compagni di scatto.

13:10 Rita è scomparsa davanti a me (siamo in salita), ma la curva della montagna mostra che c'è un cambiamento di pendenza importante. Inoltre vengo colpito da un venticello di cresta: penso che ci sono quasi. In effetti poco sopra il terreno si spiana.

2011.03.10-San-Giorgio 9102
Siamo arrivati all'alpe di Brusino. Un grotto (chiuso) ci mette a disposizione tavolo e sedie per il pranzo (se è da un po' che mi segui, ti lascio indovinare il menu). Mangiamo accanto ad un castagno imponente, deve essere vecchissimo, orami cavo al suo interno.

2011.03.10-San-Giorgio 9111
Poco sopra suo fratello, anche lui vuoto. Nel prato accanto al nostro tavolo, foglie che fanno pensare ai mughetti, primule, e ranuncoli vari.

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Tutt'attorno quiete, Dalla terrazza panoramica, nella foschia si intravvede il San Salvatore.

2011.03.10-San-Giorgio 9105
13:40 Sparecchiamo, puliamo bene tutto per non lasciare tracce indesiderate del nostro passaggio, raccogliamo le bricciole per gli uccellini, e ci mettiamo in moto in direzione di Serpiano.

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Il sentiero si è trasformato in una bella forestale, comoda e agevole. Non ostante il sole, ci copriamo: effetto digestione. In una nicchia scavata nella roccia, una madonnina accompagna il viandante.

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E riappaiono i fiorellini...

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Ad un bivio il sentiero si stacca dalla forestale, che poco dopo diventa carrozzabile, e ci porta a seguirne il percorso ma una decina di metri più in alto.

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Arriviamo sopra la casa di cura di Serpiano, che resta in basso rispetto al nostro percorso. L'idea era di fermarsi per il caffé, ma credevo ci saremmo arrivati direttamente. Decidiamo di lasciar stare, e bercelo a Meride. Il sentiero svolta verso Sud, e adesso si vede l'effetto dell'esposizione al sole. I bordi del sentiero, ed il terreno sotto le piante diventano un tappeto di fiorellini di tutti i tipi. Qualche insetto già all'opera...

2011.03.10-San-Giorgio 9132
..e farfalle. Un tipo giallo, che non si lascia fotografare volentieri...

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...mentre le vanesse (penso) splancano le ali per riscaldarsi.

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Percorriamo questo tratto di sentiero più bello del tappeto rosso che percorrono gli artisti al festival di Cannes. Attorno a noi un tripudio di gialli, di viola, azzurri, bianchi. Colori da cogliere con l'occhio, ma non con la mano. Passo leggero, l'occhio che volge a sinistra e destra. Anche una breve deviazione per un punto panoramico, che si rivela una perdita di tempo. Se non ci fosse la foschia ci sarebbe una vista splendida sul golfo di Lugano, e dietro il Bar, il Garzirola, il Camoghé, il pizzo di Claro. Invece si vede appena appena Melide, e si immagina Lugano.

14:35 Il sentiero ci ha condotti a Crocifisso. Da qui lo conosciamo, lo abbiamo percorso durante il giro del Poncione d'Arzo dell'anno scorso.

2011.03.10-San-Giorgio 9146
Attraversiamo la strada, riprendiamo il sentiero che porta verso il Poncione, e poche decine di metri sopra svoltiamo a sinistra per scendere verso Meride. Terminato il tratto nel bosco ci si apre davanti una piccola pianura, con tanto di camino di una fornace.

2011.03.10-San-Giorgio 9150
15:00 Non abbiamo ancora incontrato anima viva lungo il percorso. Arriviamo a Fontana. In una fattoria, nel recinto una ventina di capretti, già allontanati dalle loro mamme. Sono destinati al sacrificio pasquale :-(

2011.03.10-San-Giorgio 9160
Vengono verso di noi senza paura per farsi accarezzare, muovendo il codino per la felicità. E' una cosa che non capisco: perché la festa della rinascita, la festa della vita debba essere celebrata con la carneficina e l'uccisione di questi animali? Tradizione mi dici? Già, ma ai tempi in cui questa tradizione è nata, la carne la vedevi due volte all'anno, se avevi fortuna: a Natale e Pasqua. E il fatto che mangiassero il capretto, pieno di cartilagini, poca carne, che devi arrostire in chili di burro per renderla accettabile, ti dice come se la passavano, allora. Oggi abbiamo carne sul tavolo tutti i giorni. Le tradizioni si possono anche cambiare...

Da Fontana seguiamo la strada asfaltata che in breve ci porta a Meride, passando per l'oratorio posto fuori paese, a pianta quadrata ma con il centro ottagonale, come il battistero di Riva San Vitale.

2011.03.10-San-Giorgio 9164
Da qui in un attimo si arriva. Meride è un paesino delizioso, posto su di un terrazzo con esposizione al sole ottimale. Centro artistico da secoli, ha mantenuto la sua identità nel tempo.

2011.03.10-San-Giorgio 9169
15:10 Pausa caffé, ci voleva, Ci infiliamo nella solita osteria (ci veniamo una volta all'anno, oramai siamo degli abituée), la temperatura è gradevole e restiamo all'esterno, sotto il pergolato. Poi via nuovamente lungo le viuzze, visita alla chiesa, e foto ad alcuni manufatti come un portone lavorato, fontana, e quant'altro.

2011.03.10-San-Giorgio 9181
Sento sempre di più la mancanza di un obiettivo tuttofare, non mi piace cambiare continuamente dallo zoom al grandangolo, ho sempre paura di sporcare il sensore, lo specchio, le lenti. Per cui tengo lo zoom (se c'è un animale non ho tempo di cambiare dal grandangolo allo zoom, mentre i paesaggi tendono a restare fermi), ma il compleanno si avvicina, ed una vocina mi ha detto che potrebbe arrivare un 18-200 :-)

15:30 Appena fuori Meride il paesaggio si apre verso il Generoso ed il Mendrisiotto. Angolo splendido, tutto curato, amore per le cose e per la terra.

2011.03.10-San-Giorgio 9183
Nei giardini fiori coltivati, ma non per questo meno belli.

2011.03.10-San-Giorgio 9185
Arrivati alla seconda cappelletta la strada si ritrasforma in sentiero. E orami è tornato il rumore di fondo della "civiltà", camion e auto che corrono lungo l'autostrada, che qui passa in una gola piuttosto stretta, per cui il rumore rimbomba tutt'attorno.

2011.03.10-San-Giorgio 9186
In compenso sono tornati gli uccellini, che durante la salita verso l'alpe di Brusino si erano zittiti. Scendendo passiamo un punto in cui la roccia mostra la sua stratificazione, passaggio pieno di fascino.

2011.03.10-San-Giorgio 9190
16:00 Siamo in fondo al sentiero, sbarrato da questa parte. Boh, sopra non c'era nessun divieto. Sté cose io non le capisco mica.

2011.03.10-San-Giorgio 9193
Siamo ancora alti sopra Riva San Vitale, e la foschia sembra essersi diradata un pochino. Provo a fare una panoramica.

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Poi, lungo la stradina asfaltata, giù fino in paese. Arriviamo nella zona del battistero, e ripercorriamo la strada del mattino per arrivare al parcheggio. Ultima foto ad un gallo che cura le sue galline. Non appena si accorge che ci siamo fermati per guardarle, viene verso di noi gonfiando il collo e sbattendo le ali, per farci capire che li comanda lui.

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16:20 Siamo al parcheggio. Mentre noi facevamo il nostro giretto, gli operai hanno terminato di smontare il capannone del carnevale montato li vicino. Veloci, non c'è che dire...

Ecco il profilo altimetrico dell'escursione. Nella lunghezza manca il circa 1.5 chilometri dal punto di arrivo al punto di partenza, per cui la lunghezza effettiva è di circa 15 chilometri.

Profilo
Clicka qui se vuoi vedere tutte le foto dell'escursione (non che ci sia qualcosa di speciale).

La "Strada Bassa" della Leventina, parte 2, 03.04.2011

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Percorso effettuato: Lavorgo (Q635) - Nivo (Q633) - Chironico (Q782) - Grumo (Q813) - Orsino (Q785) - Catto (Q625) - Faidàl (Q912) - Personico (Q325) - Biasca (Q303).

Difficoltà: T1 e T2.

Dislivello: 840 metri salita, 1160 metri discesa.

Lunghezza del percorso: 20 chilometri.

Sforzo equivalente: 30 chilometri.

Durata (incluse le pause): 6.25 ore.

Le hai viste le macchie bianche sui fianchi delle montagne? La vegetazione ancora brulla, le foglie ancora da venire, e questi fiocchi che ammantano il paesaggio. Sono i ciliegi selvatici in fiore. Il compromesso tra l'inverno e la primavera, per ricordare la stagione passata, e lasciarle l'ultimo sprazzo prima dell'arrivo di quella nuova.

Mi è rimasta sul groppo la Strada Alta della Leventina, e la Strada Bassa della Leventina, terminate entrambe e Lavorgo. La prima per non aver voluto credere ai dislivelli indicati dal mio DVD dei sentieri, la seconda per il ghiaccio incontrato nella parte alta del percorso. Bisogna fare qualcosa, sennò Lavorgo diventa il mio capolinea. Rita è assente per un corso, di salire a piedi fino ad Anzonico per terminare la Strada Alta non ho voglia, così decido di completare quella Bassa, da Lavorgo fino a Biasca, ed eventualmente oltre.

08:25 Il postale mi scarica a Lavorgo, davanti alla stazione. Non ostante l'ora legale, è già chiaro: le giornate si sono allungate bene, permettendo ormai di pianificare degli itinerari più consistenti. Dietro di me, la zona di Osco sulle falde della montagna.

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Regolo gli scarponi, regolo il sacco, molto leggero oggi, e mi avvio verso Nivo, sull'altra sponda del fiume Ticino. Passando, l'edificio della centrale elettrica, che aveva segnato il punto di arrivo della prima parte della Strada Bassa.

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In 10 minuti arrivo a Nivo, e riesco a perdermi. Per fortuna un giovanotto mi indica il punto di partenza del sentiero per Chironico, altrimenti mi toccava farmela sulla strada asfaltata.

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Su fino alla chiesetta, poi poggiare a sinistra. Alla chiesetta ritrovo i cartelli gialli, tutto chiaro. parto lungo il sentiero, che una volta doveva essere ultrafrequentato, essendo la via più breve tra Chironico e la sua frazione Nivo. Oggi non c'è in giro nessuno. Ai bordi, fiorellini di ogni tipo e colore. In alto anche il verso di un uccello, che non sono riuscito a vedere, un rumore come di palette di legno che picchiano regolarmente contro la tramorgia. Suono non proprio allegro, chissà che effetto sentirlo di notte...

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09:00 Il sentiero mi si spiana su di un bel prato, con manzette al pascolo. Sono già a Chironico. Quattro chiacchere con il contadino, porta le mucche da latte sopra Pian Piumogna, verso Sgnoi (per salire alla capanna Campo Tencia). Sono tutto orgoglioso, io so dov'è Sgnoi.

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Oltre al sacco, anche il vestiario è leggero, hanno annunciato giornata torrida. Solo camicia e felpa leggera. Sarebbe quasi ora di toglierla, la felpa, ma non mi fido ancora, arrotolo solo le maniche. Continuo quasi in piano verso il centro del paese, dove ho messo in conto di farmi un caffé. Questa volta, per fortuna, il bar è aperto. La volta che eravamo saliti al laghetto di Chironico era ancora tutto chiuso, e ho rischiato la crisi d'astinenza da carenza di caffeina :-)

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09:20 Caffé bevuto, chiacchere con gli avventori (ne conoscevo uno personalmente), mi rimetto in marcia. La stradina porta verso l'alto, verso la chiesetta...

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...senza mancare uo sguardo alla strada principale.

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Giornata fantastica, la temperatura si sta già alzando... Due brevi tornanti, fatti in compagnia di coloro che stanno salendo per la funzione domenicale, e già Chironico è alle mie spalle.

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Passo il cimitero, posto accanto alla chiesetta, costruito nel punto più alto, come a voler facilitare alle anime l'ascesa al Cielo. Stradina asfaltata di campagna, non proprio una goduria per i piedi, ma ben pianeggiante. Innesto la mia falcata, le gambe sono messe bene, e comincio a volare nel silenzio: sono scomparsi i rumori del fondovalle, compresi quelli dell'autostrada. Solo cinguetti e zirlare di merli.

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09:30 Arrivo a Grumo: non è proprio un bel nome... Poche casette poste lungo la costa, doveva essere il ghetto di Chironico una volta.

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Il cartello giallo mi conforta, sono giusto. Continuo lungo la stradina, Guardandomi indietro, la zona sopra Faido.

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La strada fila via liscia sotto i miei piedi. Alla partenza ero un po' preoccupato. Me l'ero fatta a piedi da casa alla stazione, i muscoli avevano iniziato a scaldarsi bene, poi il fermo macchina di tre quarti d'ora per arrivare a Lavorgo, e scendendo dal postale mi sembravano già induriti. Per fortuna che era solo una sensazione. Brevi discese, salite, una cascatella, sempre in direzione di Orsino.

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Intanto mi sono accorto di non aver ancora modificato l'orario della macchina fotografica dopo il cambio dell'ora. Provvedo, sennò poi sbaglio tutti gli orari ed i tempi.

09:55 Orsino raggiunto. Anche qui poche case, tutte ben tenute, bella vista sull'altra sponda della montagna.

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10:05 Passato anche Sacco, comincio a preoccuparmi. Se ho letto giusto la cartina, dovrei finire nel bosco, non continuare su di una stradina asfaltata fino a Personico. Intanto mi rendo conto di aver passato le Gole della Biaschina: sotto di me Giornico.

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10:10 Finalmente!!! Arrivo ad uno spiazzo di giro, con diverse macchine per la lavorazione del legno, e la strada fiisce. Si entra nel bosco :-)

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Per felicitarmi si inizia subito con una bella scalinata. Dovrei odiarla, invece resto incantato nel vedere come il passo sia stato inserito in modo naturale e armonioso nel paesaggio esistente.

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Felice, sono felice. Alberi attorno a me, solo fruscii di lucertole che scappano al mio passaggio, e canto d'augelli. Le radici delle conifere sotto il piede, il profumo di resina. Se mai ci sono stati veramente gli Elfi sulla Terra di Mezzo, sono sicuro che ho passato almeno una vita come Elfo Silvano, un Moriquendi, insomma... Intanto il sentiero sale per farmi passare una cresta che sporge verso la valle, per iniziare poi la discesa. Sentiero non molto tenuto, franoso in diversi punti, stretto (ma non pericoloso). Sono contento di non averlo affrontato l'altra volta: sicuramente c'era ghiaccio, e sarebbe stato un vero suicidio.

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10:45 Il sentiero mi porta ad una curva con delle rovine, talmente diroccate che non si capisce se si trattase di un rustico, una stalla o un muro di separazione. Il pancino batte, il cornetto (brioche, per gli amici italiani) ingoiato alle 7:00 è già stato consumato abbondantemente. Penso che mi permetterò una pausa banana. Inoltre devo ricaricare la bottiglietta.

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Mentre mangio osservo diversi alberi infestati dal vischio. Fossi un druido, salirei con il falcetto d'oro...

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Il paesaggio merita il passaggio (scusa il bisticcio di parole) al grandangolo. Foto alle Gole della Biaschina..

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Tornato allo zoom mi rendo conto della presenza di un castagno secolare, ma ormai è troppo tardi.

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11:10 Fatti i dieci minuti di pausa, tolta la felpa (era decisamente ora) riparto, e in un attimo arrivo a Catto, dove si congiunge il sentiero che sale da Giornico. Un solo edificio, ma tenuto benissimo anche questo. Il cartello giallo mi indica la val Cramosino. Cavoli, mai sentita nominare, bisogna indagare. Questi cartelli gialli sono la mia rovina: ogni volta che ne incontro uno, mi indica un posto dove non sono ancora stato, e sorge la voglia di andarci, di esplorare. Come in quei giochi multilivello, dove da ogni punto puoi andare ad ogni altro, e non c'è un percorso predefinito da mantenere.

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Il cartello mi dà anche una brutta informazione: mi attendono ancora circa 300 metr di salita per arrivare a Faidàl... Tanto, li avevo già messi in conto. Subito dopo Catto incontro un ponticello, poi il sentiero sale e all'imprivviso biforca senza nessuna indicazione. C'è un cartello giallo più in basso, ma non è di aiuto. Breve sosta per riflettere e consultare la cartna: deduco che quello che sale entra in val Cramosino, mentre io devo continuare verso sinistra. Sperem ben.

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11:30 Direi che la direzione è giusta. Il sentiero sale, ma non troppo di colpo, con discese qua e là (sigh). Dietro di me, in uno scorcio di bosco, posso vedere nuovamente la Biaschina e Giornico.

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Decisamente ho già percorso un bel pezzo di strada... Nel bosco un ciliego, che, non ostante sia stato colpito da una betulla caduta, è riuscito ugualmente a fiorire.

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11:50 Il bosco si apre, il sentiero diventa erboso, segno molto probabile che mi sto avvicinando ad un nucleo abitato. In effetti poche centinaia di metri più avanti, quattro rustici.

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Delizia per gli occhi: anche questi, come quelli incontrati in precedenza, sono stati trasformati da stalle in abitazioni rispettando la cultura, la tradizione e l'architettura originale. Tutti i muri rifatti con sassi a secco, uso del legno, tetti in piode: amore per le cose dei nostri padri. E la sai una cosa? In questi posti non c'è il servizio di nettezza urbana, eppure non vedo mai una cartaccia, una lattina, un rifiuto sui prati, sul sentiero. La Civiltà, quella vera, è qui in alto, non giù nel fondovalle e nelle città. Un signore si sta prendendo cura della sua pompa dell'acqua, come si fa a non fermarsi a scambiare quattro chiacchere? Dopo aver ricevuto gli auguri di "buona escursione" (sempre graditi) mi rimetto in marcia costeggiando questo piccolo insediamento delizioso.

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12:10 Sentiero largo, si percorre bene. Arrivo a due casette, e subito dopo il sentiero biforca nuovamente, senza indicazioni. Quello a sinistra scende, quello a destra sale. Non mi piace salire, ma probabilmente è quello giusto, dato che Faidàl dovrebbe essere in su, e non in giù.

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12:20 Non mi sbagliavo, eccomi a Faidàl, termine della parte alta del sentiero. Da qui sarà tutta discesa fino a Personico.

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Anche qui una delizia per gli occhi, sasso e legno, camini che fumano, profumo di legna e polenta. Sinceramente, se qualcuno mi invitasse a pranzo, direi di si, anche se dopo dovrei pagare scotto con la digestione :-) Anche qui quattro chiacchere con un signore che si sta occupando del suo orto, poi prendo il sentiero di discesa.

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Intanto mi pregusto già il gelato ed il caffé che ho messo in preventivo a Personico. So già dove andare, al solito posto... Oddio, sarà solo la terza volta che ci vado, ma le altre due sono stati così cordiali che mi sono sentito a casa. E con le temperature che stanno alzandosi, l'idea del gelato mi fa proprio venire l'acquolina in bocca. Il sentiero scende abbastanza regolare, e non sembra ammazzare i quadricipiti. In ogni caso sono circa 700 metri di discesa, mica uno scherzo.

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12:40 Dopo la curva della montagna, sotto di me appaiono Personico e Bodio. Ma la mia attenzione viene colta da una serie di farfalle. In particolare un modello che avevo visto solo in val d'Ambra (poco distante da qui), molto belle. Con le ali marrone scuro, bordate di chiaro, frenetiche, non si lasciano fotografare. Si posano per pochissimi istanti, tenendo le ali chiuse, e ripartono immediatamente, percorrendo lunghe distanze. Questa è la foto migliore che sono riuscito a scattare (e ti lascio immaginare le altre).

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Se non altro vengo ricompensato dai boccioli di ciliegio.

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E da un bel bruco che ha deciso di attraversare la strada.

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13:05 Il sentiero termina ad uno spiazzo di parcheggio, da dove inizia una forestale cementata con pendenza peggiore del sentiero. Passetti corti, chissà come fanno a salire le auto... Vengo consolato dalla vista di Personico orami sotto di me...

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...e del posto dove mi fermerò per il gelato.

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Ci sono fuori gli ombrelloni: è aperto!!! Davanti invece, la piana di Biasca, vedo il ponte sul quale passerò per arrivare al borgo.

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Il caldo ormai comincia ad essere quasi insostenibile. La scorta d'acqua è vicina alla fine (avevo due litri con me), il cappellino è sul cranio da un bel pezzo. Folate d'aria calda mi assalgono dal basso: avrei preferito restare in alto.

13:30 Arrivo al ristoro, la gerente mi riconosce (formidabile, è da un anno che non mi fermavo qui), mi metto all'ombra e mi guuuuuuusto il cornetto gelato. E per sicurezza, anche un caffé. Sono proprio un vizioso.

13:50 Ora di rimettersi in marcia. Avevo pensato di percorrere un tratto della Riviera in direzione di Bellinzona, ma durante la sosta ho deciso di lasciare stare: il percorso è lungo il fiume Ticino, tutto sotto la stecca del sole, e decisamente rischia di essere un suplizio. Imbocco la "Via dei Grotti", con il vantaggio di essere sotto costa, e riparato per un po' grazie all'ombra.

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Questi sono grotti (in Italia chiamati anche crotti) originali: costruzioni in sasso, spesso utilizzanti una cavità naturale nella roccia, dove si portavano il formaggio ed i salumi a stagionare. Verso fine estate si veniva qui alla domenica pomeriggio, per dare un primo assaggio, e bere vino e gazzosa fatta in casa. Niente cucina, solo il piacere della compagnia, un salametto tagliato e qualche fetta di pane scuro sul tavolo in sasso. I cosidetti grotti di oggi non hanno più niente dell'originale.

14:00 La via dei grotti purtroppo termina, e mi ritrovo lungo il fiume Ticino all'aperto. Terreno ideale per le mie gambe, che oggi hanno retto benissimo, parto con la falcata da pianura, superando in successione due persone.

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Il Ticino qui è ancora un infante: il letto piccolo, poca acqua. Più avanti, dopo Biasca, raccoglierà il Brenno, ed inizierà a prendere consistenza. Ma non è il Ticino che esce a Sesto Calende.

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Tarello lungo la forestale a tutta velocità, lasciandomi indietro anche la chiesa di Pollegio.

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14:30 In pianura non ho concorrenti: arrivo al ponte che dà accesso a Biasca in due terzi del tempo indicato dal cartello giallo a Personico.

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14:40 Eccomi alla fermata del postale, che passerà tra pochi minuti. Camicia umida di sudore, non vedo l'ora di fare una bella doccia. Ultima foto alla chiesa ottagonale di Biasca (mi ricorda il battistero di Riva San Vitale), poi su sul mezzo giallo, per rientrare.

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Bel percorso, a parte il pezzo da Personico a Biasca, anche questo candidato per una visita autunnale. Ecco il profilo altimetrico dell'escursione. E spero di essere riuscito a rompere la maledizione di Lavorgo :-)

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Alpe Vicania e parco del San Grato, 10.04.2011

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Percorso effettuato: Carona (Q623) - Madonna d'Ongero (Q630) - alpe Vicania (Q659) - parco San Grato (Q714) - Carona.

Difficoltà: forestale T1.

Dislivello: 370 metri.

Lunghezza del percorso: 9 chilometri.

Sforzo equivalente: 13 chilometri.

Durata (incluse le pause): 5 ore (non proprio velocissimi).

Siamo spompati da alcune settimane di lavoro intensissimo, ma la voglia di sgambettare c'è. C'è anche il bisogno di fare un po' di recupero, se non vogliamo sbiellare. Rita ed io valutiamo diversi percorsi fattibili in una mezza giornata, e ci viene in mente che probabilmente il parco del San Grato in questo momento è fiorito di tutte le sue splendide azalee, complice anche la primavera precoce, ed una corrente d'aria calda africana che ha innalzato le temperature a livelli estivi, con più di 30° già al sabato. Per fortuna che praticamente tutto il tracciato è all'ombra degli alberi...

Già che ci siamo invitiamo anche Massimo ed Helen, con Elia e Alessia, assieme a Marco, Ivan e Alice. Il percorso si addice particolarmente alle famiglie, tutta sterrata senza problemi, tant'è che Alessia se l'è poi fatta praticamente tutta in passeggino.

11:00 Siamo arrivati tutti puntualissimi al parcheggio delle piscine di Carona. Scarponi, sacchi pesanti per il pic-nic (i bimbi mangiano di più di noi adulti), foto di gruppo prima della partenza, anche se non dovrebbero esserci dispersi.

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Conto anche di fare qualche bella panoramica: da giovedi c'è una bella brezza che ha pulito l'aria, e mi attendo una visibilità quasi ottimale. Effettivamente, almeno il Lema si staglia chiaro e limpido contro il cielo.

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Ci incamminiamo a fisarmonica verso la chiesetta della Madonna d'Ongero, dove arriviamo in una decina di minuti.

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Mentre la truppa si incammina nuovamente, aprofitto del punto di bella vista appena a destra della chiesetta, per fare qualche panoramica con il grandangolo. Pian Scairolo, con i centri commerciali...

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...il lago di Lugano verso Ponte Tresa, in distanza le alpi Vallesane...

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...e diverse altre. Poi mi incammino anch'io, ben sapendo che li recupererò in pochi minuti.

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Raggiuntili, devo tirare il freno a mano: tra chiacchiere, bimbi che corrono avanti e indietro, "guarda questo", la velocità del convoglio è piuttosto limitata. Questo mi lascia tutto il tempo per fotografare qualcuno dei pochi fiorellini ancora rimasti.

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...e i fiori di ciliegio.

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12:00 Il sentiero segue le costole della montagna, l'Arbostora, ed entra ed esce da valloncelli, tutti con il loro piccolo corso d'acqua che nel corso del tempo ha scavato le falde della montagna. Mi rendo conto che stiamo avanzando solo grazie al cambio di prospettiva sul lago: ormai siamo di fronte a Caslano.

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Una panchina posta lungo il sentiero ci rallenta ulteriormente: i bimbi si piazzano come fossero nel salotto di casa, ed esigono di poter fare il pieno. Dopo quasi un quarto d'ora, richiamo all'ordine, sennò al calar della sera saremo ancora qui. Il sentiero adesso curva deciso, e ci porta sopra Morcote, con Porto Ceresio, e la Pianura Padana di fronte a noi.

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La fisarmonica si è accorciata, e siamo nuovamente compatti. Nella troupe inizia a serpeggiare un po' di maretta, l'ora di pranzo è passata da un pezzo: quand'è che ci fermiamo per il pic-nic? Odio dire "mancano ancora solo 5 minuti" quando non è vero, tant'è che non lo faccio. Ma questa volta ho riconosciuto l'ultima valletta prima dell'alpe, per cui in tutta tranquillità posso tranquillizare i più affamati: mancano ancora solo 5 minuti. Nella valletta, riparati dal sole, gli ultimi grandi ciliegi in fiore, splendidi fiocchi di bianco in mezzo alla vegetazione che sta inverdendo.

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12:40 Tempi mantenuti, siamo arrivati all'alpe Vicania.

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Di fermarci a bere qualcosa sulla terrazza non se ne parla: il ristorante è strapieno. Grazie alla strada che sale fin qui, il luogo è piuttosto frequentato. Se dovessero farsi tutti gli scalini da Morcote, come abbiamo fatto noi l'anno scorso, probabilmente gli affari non andrebbero tanto bene. Ci piazziamo sotto ad un faggio (il sole picchia piuttosto deciso), coperte, costine, panini, frutta, dolci, dai sacchi esce ogni ben di Dio.

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Attorno, la skyline che preferisco: quella degli alberi che terminano il cielo.

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Dopo mangiato facciamo a turno per andare al ristorante a bere almeno il caffé...

14:00 Quasi un'oretta e mezzo di pausa: non sono abituato a queste comodità, le mie (soprattutto quando sono da solo) durano da 15 a 30 minuti al massimo. Nuovo richiamo all'ordine (mi sembra di essere un sergente) per rimettere in marcia l'armata, con la promessa ai bimbi di una sorpresa.

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14:30 Salita, ma non di quella dura, per tornare al livello del parco. Nei pochi scorci lasciati dalla vegetazione vediamo il San Giorgio, il Poncione d'Arzo, Serpiano, Brusino Arsizio, e naturalmente il Generoso (chiamato anche Calvagione).

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Il ritmo di marcia è nuovamente più sostenuto, adesso che tutti hanno la pancia piena, anche se il gruppo continua a fare l'elastico, con continui sorpassi e controsorpassi.

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Ai bordi, continui fruscii di lucertole che scappano al nostro passaggio,anche se alcune sono riuscito a fotografarle. Poi, in mezzo al sentiero, un insetto (mi è sembrato un calabrone) in volo stazionario.

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15:00 Parco del San Grato, e delusione: anche quest'anno le azalee non sono ancora fiorite. Cioé, alcune si, ma poche.

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Piazziamo i bimbi al parco giochi a sfogarsi, poi scendiamo al ristorantino per un meritato gelato, con splendida vista sul goflo di Lugano e San Salvatore.

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Quella cima quasi rasa è il Monte Boglia.

16:00 Rientrati al parcheggio, saluti e ringraziamenti. Splendida giornata, ho le orecchie frastornate da bambini. Penso che nel corso delle prossime due settimane la fioritura raggiungerà il suo apice, spettacolo da ammirare.

Ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

Profilo
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Un tranquillo pomeriggio alla cima di Medeglia, 16.04.2011

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Percorso effettuato: Medeglia (Q700) - Canedo (Q840) - Troggiano (Q1064) - cima di Medeglia (Q1260) - Monti di Medeglia (Q1038) - cima di Dentro (Q1014) - Isone (Q728).

Difficoltà: forestale T1 e sentiero T2.

Dislivello: circa 850 metri.

Lunghezza del percorso: 10 Km.

Sforzo equivalente: 19 Km.

Durata (incluse le pause): 4.25 ore.

Distrutti da settimane di lavoro bestiale... Rita mi chiede pietà, ha voglia di andare, ma qualcosa di tranquillo. Poi è da molto che non vediamo Danila e Pierfranco, dobbiamo ancora farci raccontare del loro viaggio in Tibet e Cina di fine febbraio. Annunciato vento, per cui l'aria potrebbe essere abbastanza limpida, tiro fuori dal sacco il giro passando per la cima di Medeglia, cima facile e non impegnativa, che offre tuttavia una bella vista sul piano di Magadino. Proposta accettata all'unanimità.

14:00 Pronti per la partenza a Medeglia. La temperatura è gradevolissima per camminare, né troppo caldo né troppo freddo, almeno nei momenti in cui non c'è vento. Sacco leggero, solo io, niente pic-nic stavolta. Buona scorta d'acqua ad ogni modo, non ci sono punti di rifornimento lungo la via. Dall'altra parte della valle, verso il Tamaro, posso riprendere la chiesa di Botta dell'alpe Foppa.

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Cin incamminiamo lungo la strada asfaltata che porta a Canedo, piccola frazione di Medeglia, dove ha inizio il sentiero vero e proprio.

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Salendo, racconti delle prime impressioni di Lhasa, il treno che passa l'altopiano del Tibet, l'esercito di terracotta, e giornate micidiali per i ritmi delle visite. E come accompagnamento, lungo la strada una serie di cappellette.

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14:30 Non ostante le chiacchere saliamo veloci, e in una mezz'oretta siamo già a Canedo.

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Percorriamo la praticamente unica viuzza dell'insediamento, e all'altezza dell'osteria Canedo giriamo a destra per prendere il sentiero. Restiamo piacevolmente colpiti dal menu proposto...

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Anche gli orari non sono di quelli che ti ammazzano :-)

14:40 Passati i viottoli, il sentiero inizia a salire, e io rimango indietro. Rita, senza sacco, è ancora più veloce del solito, e io non ho nessuna chance di tenere il suo passo.

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La flora nel bosco è cambiata nelle ultime due-tre settimane. A parte gli alberi, che ormai hanno buttato le foglie, sono scomparsi i fiorellini di inizio primavera, per lasciare posto a quelli che dureranno più a lungo.

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Mi attendo anche di trovare delle genziane, lungo il percorso.

15:00 Il versante mostra un cambiamento di pendenza, e una probabile apertura...

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...in effetti siamo arrivati a Troggiano. Si tratta di un nucleo ormai disabitato, con i rustici in decadenza, piazzato su di un'ampia terrazza della costa. Niente segni di vita, solo incuria.

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Piccola sosta prima di riprendere la salita. A destra del Caval Drossa, i Denti della Vecchia.

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15:15 Ripartenza, il sentiero poco dopo si apre in forestale, diminuisce la pendenza. Resto incantato dinnazi ad un albero le cui foglie, argentee, sembrano fiori.

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Il cammino adesso è agevole, ci stiamo spostando verso l'ultimo alpe prima della cima di Medeglia. Alla nostra destra una bella skyline di roccia, cielo e alberi.

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Il terreno ad ogni modo è molto secco. Anche nel bosco si nota la mancanza d'acqua, tutto sterpaglia.

15:25 Ultimo alpe (non ho trovato il nome sulle cartine).

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Lo passiamo, e subito dopo la stalla teniamo la destra verso una macchia di betulle, dove effettivamente troviamo la marca bianco-rosso-bianco su di un sasso a terra. Salendo ci spostiamo sul versante a ridosso del Monte Ceneri, e si inizia a vedere l'ultima parte del piano di Magadino con il golfo di Locarno.

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Il sentiero qui è di tipo montano. Pier è a casa sua, parte per la tangente alla sua velocità, roba da stambecco. Dato che il mio motore ha molti meno cavalli del suo, mi consolo con del poligalo fintobosso....

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...e le prime genziante dell'anno.

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Chi va piano... Pier non ha fatto attenzione alle marche, e perde il vantaggio accumulato ritornando in parte sui suoi passi.

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Alla nostra sinistra, Manera con la sua grande antenna, e sul versante destro il sentiero di salita dall'alpe Foppa al monte Tamaro.

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Continuiamo a girare in senso orario e a salire, e un uccellino mi diche che siamo quasi arrivati: si vede il Camoghé.

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15:50 Pier è in cima, si è rifatto ampiamente della perdita di tempo.

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Veniamo sferzati da un vento freddo e impetuoso, rafficato. Dobbiamo coprirci, la temperatura apparente è scesa di un bel po' di gradi in pochi secondi. Davanti a noi adesso si apre la seconda parte del percorso, che ci porterà fino alla grande antenna installata a cima di Dentro, passando per i monti di Medeglia, e sotto il Matro, sulla sinistra.

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Prima di scendere, però, foto di cima.

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Da qui, bella vista sulla parte Nord del piano di Magadino, fino ad Arbedo-Castione.

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E sull'altro versante, la cima del Gaggio, la cima dell'Uomo, la cimetta di Orino, il Sassariente, il pizzo Vogorno, la capanna Mognone, il rifugio Orino, il corno di Gesero, il Camoghé, il Garzirolo, il Bar ed il Caval Drossa, la cima della Trosa, Cardada, Cimetta (te li lascio scoprire nell'album fotografico). Senza dimenticare sua maestà il pizzo di Claro.

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16:20 Lezione di geografia terminata. Siamo scesi dalla cima di Medeglia, e dopo poche centinaia di metri il sentiero si trasforma in forestale, piuttosto pianeggiante. Adesso è il mio terreno, e parto lasciando indietro i miei compagni.

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Percorso poco impegnativo, adatto alle chiacchere. Non abbiamo ancora deciso se scendere a Medeglia dai suoi monti, oppure continuare fino a cima di Dentro... Vedremo al momento.

16:45 Ai monti di Medeglia arriviamo in un attimo. Un signore con uno splendido bovaro bernese lo lascia libero, e me lo godo tutto: 64 Kg di splendore canino peloso e morbido. E' ancora presto, c'è luce almeno fino alle 19:30-20:00, nessuno è stanco, si continua. Prossimo checkpoint, l'aggiramento del monte Matro, piccola cimetta facilmente scalabile da cima di Dentro.

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Intanto però ci siamo abbassati di molto, e lo avevo detto a Danila che l'avremmo pagata: pezzo su lastroni di cemento in salita pesante, per riportarci in quota. Metto le ridotte, e passetto dopo passetto perdo il vantaggio che avevo accumulato nella tratta precedente.

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17:05 Siamo sul fianco del Matro, e guardando indietro possiamo vedere la cima di Medeglia, neanche troppo distante.

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Il sentiero è ridiventato quasi pianeggiante, ma Danila mi ha raggiunto, Continuiamo assieme, dato che Pier e Rita sono straaffogati in una discussione dietro di noi. Su sentieri del genere, potrei camminare per 10 ore al giorno: mi danno un senso di libertà, di poter andare e arrivare in qualsiasi posto al mondo. All'occhio però non scappa un secondo albero finto-fiore argenteo.

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Sono un grande ignorante, non conosco il nome della maggior parte della flora e fauna che incontro. Questo però non mi impedisce di apprezzarli, amarli, gustarli, e portarli nel cuore. Poi un rudere, invaso dalle betulle.

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17:30 Fattoria. Sulla nostra destra l'antenna "albero di Natale" che vedo così bene dalla terrazza di casa mia. A dire il vero vedo questo percorso in tutta la sua lunghezza, e mi manda sempre forti richiami. Tra gli scarponi da basso, e il filo cima di Medeglia - Matro - cima di Dentro - alpe del Tiglio, è difficile resistere: forse dovrei fare come Ulisse, che si fece legare all'albero maestro per ascoltare le sirene, e non esserne succube.

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Dalla fattoria arriviamo in un attimo alla cima di Dentro, che non ostante il nome in realtà è piatta. Zona di esercizio per i granatieri di stanza ad Isone, per fortuna nel fine settimana non ci sparano.

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Percorriamo le poche centinaia di metri su asfalto, per prendere il sentiero che scende ad Isone.

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Gaudio e tripudio: mentre scendiamo i refoli di vento fanno cadere i petali dei ciliegi selvatici, che adornano la nostra via, rendendo leggero il nostro passo.

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Sentiero percorso diverse volte (almeno 5): mi accorgo che tutti mi piacono, ma quelli che percorro più frequentemente finisco per amarli, invece di stancarmi a farli e rifarli. Chissà se la pensano allo stesso modo le reclute della caserma, che lo devono salire portando in spalla pesi di morte, per andare ad esercitarsi lassù?

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18:00 Siamo quasi in basso. Mi stupisce sempre notare come il Camoghé, così aspro e difficile dalla parte di Bellinzona, sia facilmente accessibile da questa parte.

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Quest'anno è in programma... A 180°, invece, un altro amore: un tratto della Camorino - Lugano (di cui fa parte anche la discesa ad Isone da cima di Dentro), la salita da Isone a Gola di Lago.

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18:15 Isone raggiunto. Si potrebbe rientrare a Medeglia lungo la strada, tre chilometri di asfalto, senza marciapiede. Ma tra pochi minuti passa il postale... Siamo gli unici che salgono. In un attimo ci deposita a Medeglia.

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Mentre togliamo gli scarponi, arriva Grégoire, che tiene uno splendido blog dedicato ai serpenti del Ticino, in particolare i due tipi di vipera che vi si possono incontrare. Dato che frequentiamo ambienti naturali simili, e lui riesce a vederle le vipere, e io no, ci mettiamo d'accordo per una "battuta di caccia fotografica" assieme, in modo da poter imparare da lui i segreti del mestiere.

Rientro a Rivera, pizza assieme per permettere a Danila e Pier di completare il loro racconto della Cina. Pomeriggio splendido, di quelli che ti rianimano. Avrei continuato ancora...

Ecco il profilo altimetrico da Medeglia alla cima di Medeglia.

Profilo1
E questo invece dalla cima di Medeglia ad Isone.

Profilo2
Clicka qui se vuoi vedere tutte le foto dell'escursione (non che ci sia qualcosa di speciale).


La classica di primavera: valle Verzasca, 25.04.2011

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Percorso effettuato: Bivio di Corippo (Q496) - Lavertezzo (Q545) - La Motta (Q615) - Brione (Q740) - Gerra (Q803) - Lorentino (Q813) - Frasco (Q885) - Sonogno (Q940)

Difficoltà del sentiero: T1

Dislivello: 740 metri.

Lunghezza del percorso: 16 Km

Sforzo equivalente: 24 Km

Durata (incluse le pause): 6.25 ore

Splendida valle Verzasca: valle dai molti volti, e un'anima rustica e forte. Stretta quasi a soffocarti nella parte bassa, con le vette che si innalzano praticamente in verticale, e gli alpeggi lassù, che ti rompi le gambe per arrivarci, e appena un po' più larga in alto, giusto quel tanto da farti fiatare. Chiusa tra la Leventina e la valle Maggia, diverse vallette laterali, misteriose, che ti chiedi dove ti portino. La roccia domina il paesaggio, sia quello naturale che quello lavorato dall'uomo. Poco legno, poca terra, valle di fame e di emigrazione. Ma le acque del fiume... Uno smeraldo intenso e trasparente, cantano lungo tutto il percorso. E' un fiume splendido, sassi lavorati e levigati, nivei e candidi. Un fiume che ti attrae per un tuffo, ma che esige rispetto, cautela e prudenza. Forti correnti ti portano via, e ogni anno l'elenco dei bagnanti morti in queste acque si allunga tragicamente.

Mi sono innamorato di questo sentiero percorrendolo il giorno del mio cinquantesimo compleanno, solo Rita ed io. Avevamo iniziato da poco la nostra attività escursionistica, indossavo per la prima volta i miei adorati pantaloni da trekking e la camicia (regalo di compleanno) che porto tutt'ora. Giornata splendida di maggio, nessuno lungo il sentiero, il fascino di questo percorso, la fetta di torta di mele a Sonogno. Da allora, per noi, è divenuta una classica che percorriamo almeno una volta all'anno. Questa volta con noi ci sono Marco, assieme a Ivan e Alice.

09:45 Pigri, pigri, pigri. Sono quasi le 10:00, e siamo pronti solo ora per partire. La meteo è sul variabile, ma già negli scorsi giorni si era sbagliata, niente piogge pomeridiane. Confidiamo nella buona sorte anche per oggi. Foto di gruppo alla partenza, sul ponte del Bivio di Corippo.

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Già passando il ponte possiamo ammirare lo smeraldo che ci accompagnerà durante tutto il percorso. Nota bene: le foto NON sono ritoccate, è proprio il suo colore.

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Passiamo il ponte, poi su lungo la strada asfaltata, e alla prima curva il cartello giallo che indica l'inizio del sentiero. Poche decine di metri, panchina, Ivan si mette a sedere. Dentro di me penso "qui si mette male". Strano, dato che Ivan è geneticamente uno stambecco, non ostante la giovane età viaggia che è un vero piacere.

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Per fortuna si tratta solo di una defaillance momentanea. Non ostante il percorso sia di quelli adatti alle mie caratteristiche, lascio Rita a guidare davanti, e mi metto in coda per assicurarmi di non perdere bimbi per strada: l'ufficio oggetti smarriti fa sempre storie per ridarceli... Il sentiero intanto inizia a scendere portandoci a poca distanza dal fiume. Mi riempio gli occhi di verde.

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Si cammina bene, la temperatura è gradevolissima, la vegetazione ci ripara dal sole. Il fiume qui canta abbastanza forte da sopraffare i rumori della strada carrozzabile posta sull'altro lato.

10:05 Lungo la via diversi edifici con muri a secco, molti riattati, alcuni ormai in abbandono. Stalle trasformate in abitazioni, con cura e amore, rispettando le tradizioni del luogo.

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Per fortuna che i bimbi viaggiano bene. Gli stop-and-go mi rompono le gambe molto di più delle salite.

10:20 Tra dolci sali-scendi siamo usciti dal bosco per passare un piccolo insediamento, per rituffarci nuovamente nel bosco. In uno dei rustici, forse una coppia di sposi novelli: un simbolo mi fa pensare a due cuori ed una capanna.

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Intanto davani a noi inizia a profilarsi Lavertezzo.

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10:35 Arriviamo al ponte a due gobbe di Lavertezzo. Dall'altra parte qualche pulman turistico e auto di persone salite fin quassù per ammirarlo. Noi invece ce lo siamo guadagnati con le nostre gambe.

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Mentre i bimbi fanno il pieno (il loro serbatoio è molto più piccolo del nostro) metto alla prova la mia resistenza alle vertigini, fotografando la splendida pozza posta proprio sotto.

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10:50 Mi tocca fare il sergente... Richiamo tutti all'ordine, sennò a Sonogno non ci arriviamo. Quando viaggio da solo faccio la prima pausa dopo 2-4 ore di cammino, mi resta un po' difficile abituarmi a questo ritmo spezzato. Ad ogni modo riesco a rimettere in marcia la truppa.

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11:05 Rimango continuamente indietro per fotografare il fiume (la vegetazione oggi non mi dà grandi soddisfazioni), poi arriviamo di fronte a Motta, dove due anni fa il sentiero era bloccato da una slavina imponente. Nel frattempo la neve si è sciolta, e qualcuno ha utilizzato il greto del fiume per fare esercizio.

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E appena a monte, di nuovo lo smeraldo...

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Il sentiero in questo tratto è piuttosto largo, si marcia bene. Rita sempre davanti (orami lo percorriamo a occhi chiusi), Marco incantato anche lui.

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11:15 Capannina di Orgnana (una delle tre poste lungo la via): pausa. Ivan e Alice hanno ribisogno di fare il pieno. Se non ci fossero Rita e Marco, credo che li farei morire lungo la via, dato che il mio fabbisogno alimentare è molto più leggero. Ad ogni modo provvediamo a riempirli nuovamente.

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11:30 Poco oltre, uno degli splendidi spettacoli offerti da questa valle: due cascate poste a poca distanza tra di loro, che si rompono su di una piccola ganna, creando giochi d'acqua come una fontana rinascimentale. Metto il grandangolo, sparo un po' di foto, poi rimetto lo zoom, e via un'altra serie. Già solo questa meraviglia vale lo sforzo di tutta l'escursione.

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11:50 Arriviamo all'unico punto un po' pianeggiante della parte bassa della Verzasca, dopo aver passato Motta (che resta dall'altra parte del fiume).

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Splendido alberello in mezzo al prato, non me lo ricordavo... Ma c'era le altre volte? E' la quarta volta che faccio questo percorso, mi presenta delle novità ad ogni passaggio.

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Poco più avanti Rita e Ivan mi fanno segno di avviciarmi silenziosamente. Ivan Hawkeye (Occhio di Falco) ha individuato due ramarri. Ti garantisco che deve avere una camera agli infrarossi negli occhi, perché anche quando mi ha indicato dove guardare, ci ho messo un buon mezzo minuto per individuarle.

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12:10 Siamo quasi a Ganne. Rientrati nel bosco, il fondo si è trasformato da roccioso a radicoso. Si inizia a salire per portarsi all'altezza del ponte stradale, il punto più pericoloso di tutto il percorso. Delle tricolor che non avevo mai visto mi addocchiano dal bordo del sentiero.

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12:20 Passato Ganne in un attimo arriviamo al ponte. Qui, dal sentiero si svolta a destra per attraversarlo. Non molto largo, senza marciapiede, curva stretta senza visibilità dall'altra parte, le auto che escono da un riparo valangare, c'è il rischio di venire assottigliati. Teniamo Ivan ed Alice in fila indiana per buona misura. In basso, smeraldo.

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Subito dopo il ponte scendiamo a sinistra, per riportarci a livello del fiume. Pericolo scampato.

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Davanti a noi la gola da cui scende la Verzasca, che aggireremo restando sulla destra.

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Questa è zona di salita, bisogna passare un promontorio che divide in due la valle. Ed essendo salita, rimango indietro non per chiudere la fila, ma perché gli altri mi surclassano, compresi Ivan e Alice. Mi consolo pensando che il sacco pesante l'ho preso io, ho lasciato quello leggero leggero a Rita, sarà per questo che è tanto più veloce di me. Ne aprofitto per guardarmi in giro, ancora qualche ciliegio selvatico in fiore.

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E l'acqua che gioca tra i sassi scendendo.

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Al termine di una scalinata non lunghissima, ma mortale, un'anima pia ha messo una fontanella. Faccio il pieno d'acqua, temo che i due litri non basteranno. L'acqua è deliziosa, fresca, saporita, naturale. Una vera squisitezza.

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13:00 Terminata la salita, davanti a noi si apre la parte alta della Verzasca. Si apre per modo di dire: un pelino più larga che la parte bassa, nel punto più ampio sarà si e non 500 metri. Il sentiero ci riconduce all'altezza del fiume, che qui è largo, e molto più tranquillo. Di fronte a noi Brione.

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I bimbi iniziano a sentire fame, non solo appetito. Dico loro di resistere, tra poco arriveremo alla seconda capannina, dove potremo fermarci.

13:10 Capannina di Alnasca raggiunta. Ci piazziamo al tavolone per il pic-nic. Guardo Ivan e Alice sbaffarsi due panini straimbottiti alla velocità della luce, poi cioccolata, frutta secca, e un pezzo di colomba artigianale che Rita ha portato con se. Se mangiassi tutta quella roba, non mi metterei più in moto, dopo. Loro invece, sembra che non se ne accorgano neanche. Ah, l'età....

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13:45 Mi tocca nuovamente fare il sergente. Il postale parte alle 16:32 da Sonogno, e c'è ancora un bel po' di strada davanti a noi. E poi, se fosse aperto, vorrei fermarmi a Lorentino per un caffé. Anche stavolta riesco a far ripartire la carovana, penso che orami mi odieranno. In pochi minuti arriviamo ad Alnasca, splendido insediamento.

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Da qui il percorso è sostanzialmente all'aperto. Cappellini, crema solare, le gambe molli per il pasto, e il caldo che inizia a farsi sentire. Per fortuna la scorta d'acqua è ancora ad un buon livello. Sull'altra sponda, puzzle di colore tra larici e conifere. Belli adesso, meravigliosi in autunno, quando i larici sono gialli.

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14:05 Stiamo per iniziare l'aggiramento di Gerra.

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Il sentiero sale e scende continuamente, portandoci a livello del fiume, per risalire e aggirare qualche sporgenza rocciosa che bloccherebbe il cammino. L'anima della Verzasca si manifesta anche qui.

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Ponte con cascata, splendida anche questa.

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Poi l'ultima capannina, quella dove sarebbe più bello fermarsi per il pic-nic, e dove non sono mai riuscito a pranzare, la Froda.

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14:30 Ultima salitella prima di scendere nei campi di Lorentino. Muretti a secco, per creare lo spazio per gli orti.

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Poi la discesa, e la vasta pianura di Lorentino.

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Poche farfalle per il periodo, l'unica che si lascia fotografare bene è morta.

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14:40 L'agriturismo è aperto, caffé garantito. Mi permetto anche un gelato, mi dà la carica senza appesantirmi. Non è vero che le cose buone facciano sempre male.

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15:05 In marcia. Alice inizia a mostrare segni di affaticamento, ha rallentato il passo. Marco ed io valutiamo se interrompere l'escursione a Frasco, per non perdere il postale. Ce ne sarebbe uno anche alle 18:32, ma si arriverebbe a casa piuttosto tardi. Intanto, in barba alla meteo, il sole picchia sopra di noi. Questo tratto (da Brione a Sonogno) non è da farsi in estate, roba da colpo di calore.

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Passiamo un piccolo insediamento, in buona parte diroccato. Qui cucinavano anche il pane, il forno è ancora in piedi.

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E sempre un occhio sullo smeraldo.

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15:25 Arriviamo al secondo ponte del percorso, molto meno pericolo del primo. Ne hanno costruito uno nuovo in cemento per le auto, e quello in pietra lo hanno lasciato per i pedoni. Il cartello giallo indica di prendere lungo la strada di Frasco per andare a Sonogno, ma noi non ci facciamo fregare: dall'altra parte del ponte c'è il sentiero, nascosto. Attraversiamo, e subito dopo il ponte prendiamo la scalinata che scende a destra.

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15:45 Arriviamo al ponte pedonale di Frasco, percorrendo il sentiero che fa dei zig-zag tra vari rii e minuscoli corsi d'acqua. Marco ed io ci consultiamo: Alice ha fatto un exploit, è arrivata fino a qui (circa 14 Km e più di 700 metri di dislivello), decide di lasciarci liberi di andare fino a Sonogno, lui si ferma e attende il postale.

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Da qui il percorso è sostanzialmente in piano, forestale, roba che mi mangio in un batter d'occhio. Lascio andare avanti Rita per scattare qualche foto, tanto la raggiungo in un attimo... Alla faccia!!!! Non so com'è, ma Rita parte ad una andatura praticamente uguale alla mia, e c'è poco da raggiungerla. Per fortuna che si ferma per attendermi.

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Ripartiamo assieme, schiaccio quasi a tavoletta, e posso fare a meno di mettere fuori la freccia per il sorpasso: Rita tiene il passo. Voliamo il sentiero assieme, e alle 16:00 siamo a Sonogno (un quarto d'ora dal ponte: credo sia un record).

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Beh, ci sta un secondo caffé :-) Ci piazziamo sulla terrazza di un ristorante, e ci godiamo il meritato riposo. Poi scendiamo alla fermata del postale.

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Salgo, al volante una giovane signora con un bel sorriso. Sono felice: le donne guidano meglio, sono più prudenti e attente, e meno burbere dei maschietti. Partenza, a Frasco recuperiamo Marco e combricola. Ci gustiamo il viaggio di rientro, commentando con Ivan e Alice i vari posti da cui siamo passati. Giornata splendida, grazie Verzasca.

Ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

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In memoria di Floriano: Monte Gambarogno, 01.05.2011

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Percorso effettuato: Alpe di Neggia (Q1395) - Monte Gambarogno (Q1734) - Alpe Cedullo (Q1287) - Oratorio di Sant'Anna (Q1342) - Pasturone (Q1219) - Alpe di Neggia.

Difficoltà del sentiero: T2

Dislivello: 720 metri.

Lunghezza del percorso: 9 Km

Sforzo equivalente: 16 Km

Durata (incluse le pause): 6 ore

Questa è stata una escursione particolare, per ricordare Floriano, amico conosciuto troppo tardi e troppo poco, e scomparso repentinamente, lasciando in noi tutti un grande vuoto.


Floriano era nato a Roma un paio di anni prima di me, e vi era cresciuto e aveva condotto poi i suoi studi. Sposatosi con Silvia, aveva avuto due figli: Manuel e Shantala.
 
Per un certo periodo visse a Milano, poi si spostò nel Luinese, dove è rimasto fino ad ora. Qui aveva imparato ad amare le montagne, che frequentava non appena gli impegni glielo permettevano.
 
Sapeva vivere sul filo del precario, grazie al suo grande equilibrio. Vendeva sogni ad adulti e bambini. Viveva di sogni e progetti, e il suo equilibrio lo teneva in piedi anche sulle creste più esili.
 
Il suo sguardo, quando gli parlavi, era quello di un gatto sornione, con il sorriso sotto i baffi. Sguardo da gatto che ha molto vissuto, e visto ancor di più. Sorriso mai beffardo, ma benevolo di chi capisce. E la vita, per quanto dura sia stata nei suoi confronti, non è mai riuscita ad adduggiare d’ombra i suoi occhi, puliti, buoni dentro, che ti guardavano diritto, con la forza di chi ha la coscienza pulita.
 
L’amicizia di Floriano era un privilegio. Amicizia profonda, di chi ha valori importanti nella vita, ci crede, ed è coerente. Amicizia che non aveva bisogno di tante parole, amicizia che permetteva di scherzare e ridere senza paura di offendere. E a Floriano piaceva ridere, perché riusciva a vedere il bello della vita.
 
Conosceva il Canton Ticino come molti di noi nativi neanche immaginiamo. In salita un treno, una Ferrari, come gli avevo detto una volta, con 500 cavalli sotto il cofano, non ostante il fisico esiguo. Persino un busto ortopedico, due anni fa, non era riuscito a fermarlo.
 
Tre anni fa, una malattia come quella che lo ha spento, colpì sua moglie Silvia, che se ne andò nel giro di pochi mesi. Da allora, in memoria, le cime delle montagne ticinesi sono costellate da bandiere tibetane, che Floriano posava in suo ricordo.
 
L’anno scorso, dopo tanti anni di duro lavoro, e il ricordo dei trekking in Nepal ormai sbiaditi, due splendidi trekking, durante i quali incontrò Chiara, sua compagna, che lo ha seguito e accompagnato in tutti i momenti di questi nove mesi assieme che la vita ha loro concesso.
 
In febbraio, durante una cena, ci annuncia che lo aveva colpito una fastidiosa pubalgia, e che sperava di essere in forma per maggio, per un progetto comune, regalo speciale per Chiara. Rita ed io lo avevamo visto sofferente, pensando che fosse per l’immobilità forzata. Mai avremmo immaginato che il male fosse già presente, e così avanzato.
 
Verso metà marzo, Floriano mi ha scritto dall’ospedale Sacco, comunicandomi la diagnosi nefasta. Nel suo scritto, non una parola di commiserazione, nessun cenno di acredine, una forza e una dignità nelle sue parole come pochi sanno manifestare in situazioni del genere. E non ostante questo, ancora la capacità, la voglia e la forza di fare progetti per il futuro.
 
La domenica stessa Rita ed io lo visitiamo: ci ha parlato delle cure, di come sapeva che la sua vita sarebbe cambiata, ma non per questo si era scoraggiato. Aveva già fatto piani e progetti per continuare a gustare la Montagna. Eravamo rimasti d’accordo che ci saremmo rivisti la domenica successiva, per sentire dei progressi e dei benefici delle cure...
 
Floriano è partito prima, in silenzio, lasciando un grande vuoto tutt’attorno, nei figli, amici, compagni di vita e di escursioni.
 
Quando vedrai una bandiera delle preghiere tibetane sulle cime del Ticino, o vicino ad una capanna, ascolta... Forse nel vento sentirai sussurrare la sua voce, che ti guida a nuove mete, che ti scherza bonariamente, e ti sprona a far di più. Se vuoi ricordarlo, posane una anche tu...
  
Ti invito a visitare la sua pagina tramite la quale pubblicava le relazioni delle sue escursioni,  Il suo motto era: "L'intensità della vita non si misura con il numero dei respiri, ma in base ai luoghi e ai momenti che ci hanno fatto mancare il fiato!".

Così, per ricordarlo degnamente, Chiara ed Ewuska hanno organizzato una escursione aperta ai suoi amici e conoscenti, con lo scopo di condividere una giornata assieme, in suo onore.

09:30 Ci ritroviamo in quasi 40 all'Alpe di Neggia. Veniamo dal Ticino, dal Varesotto, dal Comasco, dal Milanese. Floriano non conosceva frontiere... Il giro non è impegnativo, lo scopo di non è quello di fare un exploit, ma di conoscerci tra di noi, e raccoglierci sulla cima del Gambarogno, di fronte al Ghiridone che tanto amava.

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Per Rita e per me, anche l'occasione di conoscere direttamente persone con le quali da tanto intratteniamo relazioni epistolari, senza mai esserci incontrati. La giornata è splendida, il cielo terso a dispetto della meteo che annunciava problemini vari.

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09:45 Ci mettiamo in marcia, e dato che la maggior parte di noi appartiene alla categoria "salita pura e dura", ci dirigiamo verso la croce dell'anticima del Gambarogno puntando per la strada più breve: su diritti, invece di seguire il sentiero.

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Salendo si crea l'ecumene: tutti imparano a conoscere tutti, ci si presenta, Per me l'onore di conoscere personalmente Oliviero Bellinzani, un mito per tanti che frequentano sentieri e cime. E Amedeo, Francesco, Giorgio, Ivan, Gabriele con Suni, e tanti altri.

10:30 Arrivo praticamente ultimo alla croce: vista spettacolare sul Locarnese, le cime della Valle Maggia, e in lontanza, le alpi vallesane.

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Breve momento di raccoglimento, poi partiamo per la cima vera e propria, a pochi passi da qui.

11:15 Il Monte Gambarogno, sapendo che saremmo arrivati e perché, ci ha preparato tutto come una perfetta padrona di casa. Sulla cima non c'è nessuno, oltre a noi, l'aria tersa. Un piccolo ometto viene ricostruito con pietre più grandi, stabili, che dureranno nel tempo. Chi di noi ha portato le bandierine di preghiera tibetane le posa. Una brezza leggera e gentile le fa garrire immediatamente, assordanti nel loro silenzio. Ci riuniamo in silenzio, ognuno ricordando Floriano, presente con forza, assieme a coloro che avrebbero voluto venire, ma non hanno potuto.

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Un raccoglimento intenso e coinvolgente. Avevo preparato qualche parola, ma non riesco ad aprire bocca. Lasciamo che il momento si imprima nel cuore, nella mente e nel pensiero, momento di vita e non di morte, nuove amicizie che nascono, seme fecondo di una giornata che ha portato quasi 40 di noi, così diversi e così simili, a contemplare l'Immenso...

Terminiamo la cerimonia con un augurio di ritorno, mani che si stringono, calore umano e di spirito. Poi ci rimettiamo in marcia, perché a Floriano non piacevano le escursioni lasciate a metà...

Oliviero, come è nella sua natura, riunisce un gruppetto che parte lungo la cresta in direzione dell'oratorio di Sant'Anna. Gli altri (tra cui lo scrivente) scendono lungo il sentiero canonico in direzione dell'alpe Cedullo.

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12:50 Lunga la discesa... Passiamo dai fianchi del Gambarogno al bosco, per sbucare su questo piccolo lembo aperto. L'edificio deve essere stato ristrutturato di recente, probabilmente fra poco arriveranno capre e pecore.

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13:05 Un breve tratto, sempre nel bosco, ci porta ad uno spiazzo ameno, dove si trova l'oratorio di Sant'Anna. Arrivo buon ultimo, gli altri si sono già piazzati per il pic-nic. Rita, che deve essere qui da una eternità, mi ha già preparato il panino.

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Sembriamo una scolaresca in passeggiata scolastica... Chi offre la grappa, chi il caffé, chi la cioccolata. E' una cosa che apprezzo di chi va in montagna: "Penso anche per te". L'egoismo in alto ha la vita dura.

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14:30 Partenza per chiudere il cerchio. In prima battuta avevamo deciso di scendere fino ad Indemini, borgo delizioso, ma abbiamo tra di noi due future mamme, così per diminuire i dislivelli si è deciso di tagliarlo fuori.

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Tutti buoni camminatori, si procede spediti fino a Pasturone, dove il sentiero biforca, per tenere la sinistra e restare in quota.

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Là in alto, il Tamaro, fatto con Floriano, dove per la prima volta lo avevo visto piazzare le bandierine.

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Bandierine che ho poi incontrato presso diverse capanne, e le poche cime raggiunte... e che d'ora in poi porterò con me per continuare la sua missione.

15:55 Arrivo nel gruppo finale all'alpe di Neggia. E' il momento dei saluti, delle promesse, dei "C'è il Terri da fare assieme". Giornata speciale, di quelle che ti nutrono dentro, e ti arricchiscono di ciò che nessuno ti può togliere.

Ciao Floriano, te lo dico ora, sul Gambarogno non ci sono riuscito. "Siamo raggi di luce oscurati da manti di carne, luce che brilla nei nostri occhi. La partenza di ognuno di noi lacera il mondo, ma nella ferita rimarginata troverai il sorriso di chi ti ha lasciato.".

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Clicka qui se vuoi vedere tutte le foto che ho scattato: poche rispetto al solito, ma penso capirai.

Da San Bernardino a Rossa via Pass di Passit, 29.05.2011

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Percorso effettuato: San Bernardino (Q1629) - Alp d'Ocola (Q1830) - Pass di Passit (Q2082) - Alp de Alogna (Q1432) - Pian d'Ass (Q1408) - Valbella (Q1334) - Rossa (Q1069).

Difficoltà del sentiero: T2 da San Bernardino al Pass di Passit, T3 dal Pass di Passit all'Alp de Alogna, T2 fino a Pian d'As, T1 da Pian d'As a Rossa.

Dislivello: 760 metri di salita, 1280 di discesa.

Lunghezza del percorso: 15 Km

Sforzo equivalente: 24 Km

Durata (incluse le pause): 7 ore

La vita mi ha regalato un anno in più sul gobbome, regalo gradito dato che l'alternativa non è piacevole... La famiglia invece mi ha regalato un nuovo obiettivo per la macchina fotografica: un 18-200 mm, tanto desiderato. Pesa un po' di più di ognuno dei due che avevo (un 18-55 e un 55-250), ma così ne porto solo uno, e non devo fare manovre strane e pericolose per passare da un grandangolo allo zoom, e viceversa. Per festeggiare degnamente il nuovo accessorio, propongo a Rita, dopo 4 settimane di fermo, di fare una bella traversata, di quelle che adoro: dalla Mesolcina alla Calanca, passando per il Pass di Passit.

L'idea originaria era di arrivare fino ad Arvigo, dato che il sentiero da Rossa è molto bello, facile (è un T1 liscio liscio), e volevo farle fare una parte della Calanca da me percorsa nel marzo del 2010. Alla fine abbiamo desistito, e ci siamo fermati a Rossa: la stanchezza, il caldo ed il ritardo ci hanno suggerito di non strafare.

Un po' di organizzazione: il punto di partenza e di arrivo sono molto distanti. Opto per il trasferimento fino a Grono con l'auto, poi salita a San Bernardino con il postale, e rientro a Grono dalla Calanca con il postale.

08:40 Sveglia alle 6:00, postale a Grono alle 7:30, arrivo a San Bernardino alle 8:20, caffé! Ma ti rendi conto che difficilmente in settimana mi alzo così presto? Poi finalmente ci incamminiamo, la giornata si prospetta splendida e torrida.

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Dietro di noi le due cime del Piz Uccello ci ricordano che bisognerebbe salire anche da quella parte...

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Il sentiero (un bel T1, quasi pianeggiante, che mi permette di scaldare i muscoli senza strapazzarli) costeggia il lago artificiale dalla parte degli impianti sciistici. Profumo di resina, aghi sotto i piedi, è bello camminare.

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09:00 Già, ma il Pass di Passit è in su, prima o poi bisogna attaccare la salita. Un bel cartello giallo ci indica il punto d'inizio del sentiero. Mirtilli a tutto spiano: questa zona, in agosto, è strafrequentata da turisti che arrivano a farne il pieno.

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Salita quasi nel silenzio, la semiautostrada A13 si sente poco. In giro non c'è nessuno, anche in paese i parcheggi erano praticamente deserti. Uccellini vari con il loro canto, bei fiorellini lungo il sentiero, l'ombra delle conifere. Saliamo in silenzio, pochi sprazzi di visilità.

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09:45 Arriviamo all'Alp d'Ocola, piccola sosta per un mezzo cornetto. La temperatura sta aumentando, decidiamo di alleggerire il vestiario. Ho notato che noi maschietti abbiamo una sensibilità diversa rispetto a quella delle femminucce per le temperature. Normalmente sia Pierre che io indossiamo almeno un capo in meno rispetto a Danila e Rita. La nostra pausa viene allietata dal canto dell'acqua, che in tutta la zona è presente in abbondanza.

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L'obiettivo si sta comportando molto bene. Ho potuto scattare delle foto attorno al 30-35, e passare in un attimo al 200 per i macro di fiori. Il display non mi permette di capire se la qualità dello scatto sia buona, dovrò attendere fino a casa.

09:50 Decisamente ci stiamo alzando. Siamo usciti dalla linea degli alberi, e adesso è ora di cappellino. I mirtilli sono terminati, in compenso sono comparse le "rose delle alpi", i rododendri di montagna. Alcuni già fioriti!

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Mi giro, tiro l'obiettivo a 25 mm, e via con lo scatto.

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Veniamo raggiunti (e superati) da una ragazza francese, che sale come un TGV. Quattro chiacchere, dove va, dove andiamo, gli auguri di una buona escursione.

10:15 Abbiamo superato anche gli ultimi larci, e si comincia a sentire il vento di cresta, il vento da cambiamento di pendenza. Penso non manchi più molto al passo. Il paesaggio diventa sempre più alpino, bello, forte, roccioso, anche se non siamo ad altezze stratosferiche.

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Adoro queste traversate: partire da un posto, e arrivare in uno completamente diverso, percorrere vie che mettevano in comunicazione genti, paesi, culture spesso così diverse tra di loro. Molti non uscivano mai dal villaggio in cui erano nati, pochi percorrevano la terra, e vedevano cose che gli altri neanche immaginavano. E spesso diventavano degli "sradicati", non più a casa in nessun luogo, sempre in movimento, sempre alla ricerca del posto perfetto dove fermarsi, senza mai trovarlo. Nel frattempo la signora francese deve essere arrivata al passo...

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Rita percorre davanti a me l'ultima canalina. Accanto, lastroni di neve. Non sapevamo ancora che problemini ci avrebbero causato dall'altra parte...

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10:40 Due orette per arrivare al passo, come avevo calcolato. Due splendidi laghetti (non presenti nella seria "Laghetti alpini della Svizzera Italiana") adornano il passo.

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E un piccolo rifugio, pronto per il viandante in difficoltà.

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10:50 Percorriamo la piana del passo, e guardiamo la discesa verso la Calanca. Impervia, stretta, selvaggia, bellissima e affascinante.

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Ti dico già che non è sentiero facile, soprattutto dopo il primo quarto. Stretto, spesso largo poco più del piede, esposto con strapiombo deciso, pendente, e parzialmente franante (penso non sia più tenuto da molti anni), le marche spesso sbiadite. Richiede passo sicuro, concentrazione, attenzione e cautela. Ma è bello... Dall'alto si vede la Calanca ad angolo retto, e vieni accompagnato dal canto di questo affluente della Calancasca.

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Iniziamo la discesa, seguendo il lato sinistro orografico. Ad ogni canalone che incontriamo, lingua di neve, che rallenta il passo.

11:25 Adesso ne troviamo una veramente impegantiva. Sotto scorre l'acqua, ci sarà la galleria, ma non sappiamo bene dove si trovi, e non abbiamo voglia di fare un salto nel vuoto. Valutiamo diversi percorsi, poi a passetti ci avventuriamo cercando di tenerci più a sinistra possibile.

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L'acqua è da qualche parte a destra... Il problema è che dobbiamo passare la piccola gola, e non possibile farlo sul terreno non innevato. Teniamo una buona distanza tra di noi per non appesantire la crosta, scendiamo di tacco e bastone (Rita me ne ha prestato uno). Nervi tirati, terrà, non terrà...

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Percorriamo il bordo sinistro appoggiandoci alle rocce, e finalmente arriviamo alla fine, con tanto di guado che ci porta sull'altro versante.

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Le gambe non ringraziano: quadricipiti a monte stanchi. Poi, guardando avanti, bello scenario di pendenze da attraversare.

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Scendiamo, spesso aiutandoci con le mani e/o con la parte posteriore, là dove la schiena cambia nome scendendo... Penso di aver capito il perché del nome del passo: salendo da San Bernardino è una passeggiata da mezza giornata, ma venire su da questa parte, bisogna farla a "passitt", piccoli passi alla volta.

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Passiamo ancora diverse lingue di neve, strette per fortuna. L'ultima è troppo rischiosa: ci salgo, mi sporgo nel buco, e controllo lo spessore. Insufficiente. Ci tocca scendere per una scarpata scivolosa per guadare il rigagnolo a valle, e risalire dall'altra parte.

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I nostri sforzi vengono ricompensati dalla vista dello sbocco della valle. Da come è conformata, penso che arriveremo alti a destra, per scendere poi a zig-zag una volta rientrati nella Calanca.

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12:55 Abbiamo fatto una piccola sosta balisto, per permettere alle gambe di recuperare. La discesa è decisamente più impegnativa di quanto mi immaginassi. Poi continuiamo, e sappiamo di essere scesi bene dato che riappaiono gli alberi, graditi portatori di ombra. Il sentiero ad ogni modo non si allegerisce. Per fortuna che nei punti più impegnativi, qui in basso, hanno messo delle catene per aiutarsi.

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13:10 Rita mi invia un sorrisone: siamo alla confluenza con la Calanca. Come previsto il sentiero poggia a destra, per scendere un po' meno duramente verso il fondovalle. In uno squarcio della vegetazione posso osservare le montagne che delimitano il bellinzonese verso Lecco.

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Siamo felici ed orgogliosi: non era facile, ma è stata splendida. Sulla nostra destra la parte terminale della Calanca, chiusa da una bella chiosa di montagne.

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Abbiamo un'oretta buona di ritardo sul piano di marcia che mi ero fatto: siamo scesi di circa 600 metri in due ore, avevo calcolato meno... ma non avevo previsto le pendenze e la neve. E il cartello giallo che indica 1.75 ore fino a Rossa non fa che confermare il quanto. Mi sa che di discesa fino ad Arvigo non si parla: i muscoletti cantano, e qui la temperatura è piuttosto altina. Spero di incontrare un grotto a Valbella, magari per mandar giù un minestrone e reintegrare liquidi e sali: le scorte nel sacco sono scese in modo preoccupante, compreso il liquido isotonico.Iniziamo il percorso verso Valbella, decisamente meno ostico che la discesa appena terminata. Poco dopo un ponte ci fa passare la Calancasca, e ci porta sul lato destro orografico, per superare una gola.

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Ci innalziamo nel bosco di conifere (che fatica), mentre sotto di noi il fiume crea splendidi intrecci di schiuma e smeraldo.

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Passata la gola si ricomncia con la discesa, resa faticosa dai quadricipiti stancotti.

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14:10 Finalmente arriviamo in fondo alla discesa, a Pian d'Ass. Una sola casa, ma davanti a me una visione consolatoria a questo punto: forestale pianeggiante.

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Persino Rita, che stambecca meglio di me, per una volta tanto non è dispiaciuta di un tratto pianeggiante. Dietro possiamo intuire, sulla destra, la valle di discesa dal Pass di Passit.

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14:35 Percorso senza storia né gloria: arriviamo a Valbella, delizioso insediamento decisamente rustico, e scopriamo che di grotti non ce ne sono.

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Percorriamo la tangenziale attraverso l'insediamento, passando accanto alla chiesetta, e dodici case dopo siamo già in aperta campagna. Due panchine extra-rustiche ci informano che si potrebbe persino fare pranzo. Beh, in fondo è soltanto da cinque ore che camminiamo: dai, una sosta si può fare.

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Quarto d'ora di pausa pranzo terminato. Chi viene con me, o mi ama o mi odia: il concetto di fermata, pausa, ecc. quando cammino non rientra nel mio vocabolario. Si riprende lungo la forestale, asfaltata e rovinata, per scendere a Rossa. Anche qui percorso tranquillo, senza patemi. Passiamo Salütin, due case assieme.

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E giù lungo la valle a manina, con la Calancasca che canta per noi. Per fortuna che buona parte del percorso è all'ombra, sennò saremmo arrostiti.

15:30 Rossa davanti a noi.

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L'anno scorso l'avevo vista dall'altra parte :-) Ci avventuriamo nell'abitato, per scendere al piazzale del postale e al ristorante, caffé e cornetto gelato non me li leva nessuno.

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Sul piazzale c'è il postale, parte alle 15:40. Che facciamo? Prendiamo questo e ci facciamo il cornetto a Grono, oppure prendiamo il prossimo tra un'ora? Decidiamo per la prima variante. Unici passeggeri, chiaccherata con il conducente. Arriviamo a Grono alle 16:20, e stavolta il caffé ed il gelato ci stanno :-)

 

Ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

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Val Carassina e capanne Adula, 03.07.2011

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Percorso effettuato: Prati di Campietto (Q1690) - Bivio capanna Cas / capanna UTOE (Q2100) - Capanna Adula UTOE (Q2393) - Bivio cima Adula / Passo del Laghetto (Q2500 circa) - Capanna Adula CAS (Q2012) - Prati di Campietto.

Difficoltà del sentiero: T1 lungo la Val Carassina, T2 per la salita.

Dislivello: 1000 metri.

Lunghezza del percorso: 17 Km

Sforzo equivalente: 27 Km

Durata (incluse le pause): 8 ore

Finalmente si riparte... Dopo essere stato bloccato per quasi due settimane a causa della schiena, settimana scorsa facciamo una bella escursione nella regione della Dötra / Anvedua. Piccola sorpresa: alla partenza estraggo la macchina fotografica dal sacco, la accendo, e rifiuta di scattare. Controllo: mio figlio mi ha "stuccato" (termine dialettale ticinese per dire "rubato") la schedina di memoria senza dirmi niente... Niente foto, niente relazione :-( In compenso siamo quasi morti dal caldo sotto la stecca del sole.

 

Per questa settimana l'escursione prevede di percorrere la valle Carassina, una piccola valle parallela alla valle di Blenio, e di salire fino al passo del Laghetto e al lago Cadabi, che avevamo già raggiunto il 01.08.2009 ma dalla valle Malvaglia. Il DVD dei sentieri mi indica circa 4 ore per arrivarci, e circa 3.5 per tornare. Bisognerebbe partire presto, ma è tutta la settimana che mi alzo alle 5:00 per portare il figlio in stazione, non ho voglia di fare levataccie anche alla domenica. Così organizzo l'appuntamento di ritrovo alle 8:00 con Danila, Pier e Laura.

 

Viaggio fino ad Olivone, caffé al solito ristorante (ormai avremo lo "Stammtisch", il tavolo riservato ai clienti abituali), poi salita fino alla diga del Luzzone, galleria nella diga, e su ancora fino alla galleria che dà accesso alla val Carassina.

09:40 Gruppo pronto alla partenza. Da diversi giorni soffia vento da Nord, meno intenso ogni giorno, e l'aria è pulita e limpida. Foto ricordo per i possibili dipersi.


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In basso, scorcio della valle di Blenio, bellissima e dolce.

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La forestale resta sul versante destro orografico. Sei chilometri abbastanza pianeggianti, decisamente il mio tipo di percorso. In pochi minuti arriviamo alla piccola diga della Carassina.

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E poco oltre il punto di vendita del formaggio della valle. Ne ricordo un piccolo pezzo, stagionato 18 mesi, che esplodeva sulle papille gustative riempiendo la bocca di sapori. Decido di acquistarne un po' al ritorno.

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Da qui la valle si apre: splendida, piena di larici, deve essere un incanto anche in autunno, tutta gialla. L'Adula resta nascosto in fondo a sinistra, ma per intanto mi gusto il paesaggio.

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Dietro di noi il Sosto, visto da un'angolazione nuova per me. Guardandolo da qui sembra quasi scalabile, mentre il versante verso Olivone e Campo Blenio è decisamente più selvaggio.

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10:45 Camminiamo tranquilli, gustandoci le cime, le cascate dei corsi d'acqua che scendono dalla nostra parte, il bestiame caricato, i fiori, le farfalle, il canto dell'acqua che scorre vicino. Decisamente fino alla capanna Adula CAS è una passeggiata da domenica pomeriggio per famiglia con bimbi. Niente rumore di traffico, l'acqua smeraldo che invita a bagnare i piedi. E davanti a noi appaiono i contrafforti che chiudono questo piccolo gioiello.

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Deve anche esserci ferro in questa zona: noto diversi sassi e massi color ruggine. Speriamo che la concentrazione sia troppo bassa per giustificare il lavoro di estrazione.

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11:20 Inizia la salita. e da primo della fila passo a ultimo, come al solito.

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E la in alto appare una bandiera: orpo, siamo quasi alla capanna Adula CAS.

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La capanna CAS resta in basso, su di una terrazza con vista su Dangio. Laura decide di fare la pigrona, e di fermarsi qui con il suo libro. Danila, Rita, Pier ed io optiamo per la salita diretta alla capanna UTOE. Scenderemo alla CAS al rientro per recuperare Laura. Passiamo un prato con mucche ed uno splendido toro rosso. Mi sembra di capire che c'è un piccolo poggio con vista. Ci vado, e mi si apre una vista splendida verso Dangio e la media Blenio.

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Faccio segno a Rita di venire anche lei: troppo bello. Per l'autunno ho in programma la strada alta della Blenio, che passa i vari insediamenti posti sul versante visibile. Ingrandendo la foto si riconosce il percorso che li unisce. Intanto Danila e Pier sono partiti per la salita alla capanna UTOE. Già sono veloci di loro, se poi mi attardo, li faccio attendere un'eternità.

12:15 Il sentiero sale ripido ripido, per di più sassoso e terroso franoso. Faticaccia, passetto passetto. Se non altro vengo ricompensato dalla vista che si allarga man mano che l'orizzonte si apre. Da qui posso vedere bene la Carassina.

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12:30 Finalmente passo la testa della cascata che ci ha accompagnati durante tutta la salita, e vedo davanti a me la capanna.

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Sono salito di un bel po'... E guardandomi attorno comincio a fare "Ooohhh". Lo Scopi, proprio sopra il Lucomagno....

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...il Basodino, in fondo alla Valle Maggia....

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...e la catena tra la Leventina e la Verzasca, la Leventina e la Maggia. Iniziano anche ad apparire i giganti vallesani.

12:45 Incredibile, ma arrivo anch'io in capanna. Pier chiaramente è già alla terza birra mentre ci attende. Prendiamo posto ad un tavolo, e passiamo al pic-nic domenicale.

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Terminato il mio mini-panino ed il thé caldo, mi godo il panorama dalla terrazza.

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Benedico il nuovo obiettivo (un 18-200 mm) ricevuto come regalo di compleanno. Da panorama (come la foto sopra), alle zoomate (che trovi nell'album fotografico).

13:15 Siamo decisamente in ritardo sulla tabella di marcia, nel senso che i tempi per arrivare qui sono stati rispettati, ma rischiamo di arrivare al parcheggio molto tardi. Ciò non ostante Danila, Rita ed io decidiamo di provare ugualmente l'ascesa al passo del Laghetto, e ci mettiamo in marcia.

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Mentre le signore sistemo i sacchi e le bottiglie, io mi sono già avviato, e questo è il motivo per cui sono riuscito a fotografarle dall'alto :-) I giganti vallesani ora si mostrano decisi.

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13:40 Il sentiero effettua una ampia curva verso sinistra salendo, e finalmente appare davanti a noi Sua Maestà l'Adula.

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E' la prima volta che lo vedo da così vicino... Da qui ci sarebbero solo 900 metri di salita per arrivarci, ma bisogna passare il ghiacciaio, roba decisamente fuori dalla mia portata. Chi ci va sale il giorno prima alla capanna UTOE, e parte verso le 5:00 del mattino per trovare il ghiaccio duro. In generale alle 10:00 sono già di ritorno alla capanna. La parete davanti a me mostra di quanto si è ritirato durante gli anni: una volta li si vedeva solo bianco.

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Siamo al bivio Adula (a sinistra) e Cadabi (a destra). Guardiamo il percorso che porta alla bocchetta del lago Cadabi: bisogna scendere, passare una lingua di neve, poi salire su di un sentiero abbastanza stretto. Facciamo un po' di calcoli mentali: almeno 45 minuti per arrivarci, 10 minuti per le foto, un'oretta per rientrare in capanna, arriveremmo alle 15:45-16:00. Poi ancora quasi tre ore fino al parcheggio... Decidiamo di lasciare stare, ci torneremo partendo prima, oppure faremo la traversata dalla capanna Quarnei.

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14:05 Durante la discesa breve sosta banana, e in un attimo siamo nuovamente alla capanna.

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Guardo bene verso il Lucomagno, e si, è proprio la zona della Gana Negra.

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La salita a questa capanna è duretta (per me), ma vale ogni passo necessario a raggiungerla. La vista è comparabile a quella che ho avuto dal "Sentiero degli Stambecchi" percorso il 31.07.2010. E sostanzialmente con meno fatica, tutto sommato. Pier nel frattempo si è già avviato verso il basso, così non ci fermiamo e iniziamo anche noi la discesa. Ormai piuttosto in basso, ultima foto al panorama delle tre sorelle (Campo Tencia, Tenca e Penca) assieme al Pizzo Forno.

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14:50 La discesa è stata quasi peggio della salita. Il terreno franoso richiede attenzione. Ringrazio quando finalmente la pendenza si ammorbidisce.

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Passiamo il poggio, e scendiamo alla capanna CAS per recuperare Laura.

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15:00 Capanna raggiunta. Dato che i tempi adesso sono sul tranquillo, ci facciamo una fetta di torta e thé delle quattro in anticipo. Laura è bella rilassata, ha fatto pranzo per bene, riposino, ed è fresca come una rosa. Chiacchere con gli avventori, c'è anche una coppia che conosciamo. Aprofitto per farci fare una foto di gruppo in cui appaio anch'io (cosa rara).

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Non si vede la fiaccia? Meglio così :-) Poi mi occupo di una coppia di gracchi alpini (grazie Grégoire per l'identificazione) che volteggia davanti alla capanna, utilizzando una termica che risale dalla valle di Dangio. Volo elegante, poco batter d'ala.

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15:45 Sosta terminata, è ora di rimettersi in cammino. Risaliamo alla valle, passando dal piccolo oratorio costruito nel 1940.

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Davanti a me il "mio" percorso: 6.5 Km di sterrato in leggera discesa... Chiedo cortesemente il permesso ai miei compagni di andare alla mia andatura, e mi viene concesso con grazia.

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Ci diamo appuntamento al punto di vendita del formaggio, vicino alla diga. I muscoli sono caldi, la schiena non mi fa male, gli scarponi calzano come guanti, il paesaggio è splendido, il sole picchia un po' più di quanto mi piacerebbe, ma non si può avere tutto... Innesto la quarta, la quinta, la sesta, passo all'overdrive e comincio a filare con il vento che mi fruscia nelle orecchie.

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Passo lungo e disteso, movimento armonioso, strano rumore di fondo... Mi accorgo che sto cantando! Se volete farmi felice, datemi una Carassina ogni giorno. Dopo poco i miei compagni non li vedo più dietro di me, ed inizio a sorpassare altri viandanti. Mi gusto il paesaggio, i larici, le mucche, bella bella bella questa valle.

16:50 Riappare il Sosto, ormai sono quasi arrivato.

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16:55 Arrivato allo spaccio, mi sono mangiato la Carassina in 55 minuti.

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Mi piazzo sulla terrazza, e mi godo la compagnia di due avventori e delle signore che si occupano dell'alpeggio. Caffé, chiacchere, bella giornata, gambe felici, e la schiena che ringrazia per il movimento. Poi passo alla trattanda formaggio... La signora mi mostra la cantina, costruita all'interno della roccia appuntita che vedi nella foto sopra.

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Un vero grotto, insomma.

17:25 Arrivano Danila e Rita....

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...e Laura con Pier.

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17:30 Si continua subito, la strada per rientrare a casa è ancora lunga. Ripassiamo la diga....

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17:40 E siamo nuovamente al posteggio. Giornata veramente splendida.

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Ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

Profilo
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Rifugio Vittorio Sella (CAI Biella) da Cogne (Aosta), 25.07.2011

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Percorso effettuato: Cogne (Q1534) - Valnontey (Q1670) - Pascieux (Q2224) - rifugio Vittorio Sella (Q2588) e ritorno per la stessa via.

Difficoltà del sentiero: T1 da Cogne a Valnontey, T2 per la salita.

Dislivello: 1'100 metri.

Lunghezza del percorso: 12 Km

Sforzo equivalente: 23 Km

Durata (incluse le pause): 8.5 ore

Sono arrivate le vacanze!!!! Dopo una bella settimana al mare a inizio luglio, seconda tornata di una settimana. Questa volta ho messo in programma qualcosa di speciale: una vacanza a Cogne (Valle d'Aosta), con escursione giornaliera, meteo permettendo. Massimo, che abita a Saint-Vincent, mi aiuta a trovare albergo, cartine, e percorsi. Lui e suo fratello Alain gestiscono da una decina di anni uno splendido sito pieno di escursioni, foto, tracciati, testi, e tanto altro sulla montagna. Gentilissimo si presta, e come ricompensa offriamo a lui e alla moglie Silvia la cena mercoledi ad Aosta.

Con noi Danila e Pier, rodati e scafati. L'idea iniziale era di fare un giorno escursione dura, e un giorno qualcosa di leggero, dato che Rita ed io non sapevamo se avremmo tenuto botta per una settimana filata. Per finire, di escursioni di un certo impegno ne abbiamo fatte cinque, con circa 5'000 metri di dislivello: test superato per noi due. Per Danila e Pier, penso fosse roba di normale amministrazione :-)

L'albergo (Sant'Orso) che abbiamo utilizzato come base di partenza, è ottimo, e te lo posso consigliare. L'unico dubbio è la meteo: quest'estate ballerina non sembra voler dare tregua con le sue pioggie. Accendiamo qualche cero prima di partire, ed incrociamo le dita.

La zona di Cogne si trova nel Parco Nazionale del Gran Paradiso, massiccio che si eleva tra il Piemonte e la Valle d'Aosta, e che possiamo intravvedere con i suoi ghiacciai dal nostro albergo, in fondo alla valle che porta a Valnontey. Sentieri curatissimi, numerati sulla cartina e sul terreno, impossibile perdersi.

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08:30 Pronti per la prima escursione: salita al rifugio Sella. Tengo d'occhio la meteo della zona da diversi giorni, con alterne fortune. Un sito mi dice pioggia tutta la settimana, un altro bello, un altro ancora variabile. Per sicurezza nel sacco carichiamo roba calda e K-Way. Intanto però la situazione non sembra essere male.

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Dietro l'labergo prendiamo la forestale che conduce a Valnontey. Larga, comoda, adatta anche a passeggiate con il passeggino.

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Ci godiamo il percorso tranquillo nel bosco, il fiume che canta alla nostra sinistra, piccoli sali-scendi tanto per scaldare i muscoli. Percorso delizioso, che rifaremo mercoledi con la pioggia.

09:15 In vista di Valnontey. Passiamo un maneggio, i cavalli già pronti e sellati per i turisti. Davanti a noi il gruppo del Gran Paradiso, con le bianche lingue di ghiaccio che scendono. Si capisce anche che fino a non molto tempo fa le stesse erano più consistenti e lunghe: la roccia mostra evidenti i segni del lavoro durante i secoli.

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Il paesaggio è decisamente diverso da quello ticinese. Presenza rilevante di minerali di ferro, zone rosse evidenti lungo tutte le catene. Sopra Cogne, durante il Medio Evo, erano attive delle miniere di questo minerale.

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Dal centro del paesino, raccolto attorno al ponte, parte il nostro sentiero. Mentre iniziamo la salita, Danila nota un camoscio che bruca tranquillamente in un prato, senza curarsi di niente.

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09:30 Passiamo l'entrata del giardino botanico alpino "Paradisia". Avevo previso di farci una capatina durante una delle tre giornate tranquille, dato che sia Danila che Rita sono appassionate di fiori. Il sentiero continua contornando il perimetro, e possiamo sbirciare all'interno: aiuole ben tenute, delimitate da sentieri.

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Adesso inizia la salita dura e pura, divisa in tre fasi: la prima ci porterà fino alla testa della cascata che scende dal pianoro del rifugio, secondo tratto lungo un costone parallelo alla valletta della cascata fino ad un ponte, e dopo il ponte ultimo tratto per arrivare al rifugio. Il pezzo più pendente (e impegnativo) è il secondo. Ma è inutile fasciarsi la testa prima di averla rotta, così, fintanto che ho ancora fiato, mi sollazzo con fiori e insetti.

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Sentiero bello roccioso, di quelli che il mio durone non gradisce molto. Ma sarà peggio in discesa...

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Saliamo a zig-zag all'interno di un bosco, lungo un cono di frana che si restringe man mano che ci alziamo, rendendo sempre più vicini i tornanti. La cascata si fa sentire bene, ma gli alberi impediscono di vederla per la maggior parte del tempo.

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In uno scorcio, Valnontey.

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Nei punti estremi, alle curve, si esce per poco dal bosco, e ci si ritrova confrontati con capolavori rocciosi e verticali.

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10:20 Testa della cascata. Un ponte in legno ci permette di attraversarla. Il parapetto è alto, riesco a sporgermi per una foto.

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Con la cascata termina definitivamente anche il bosco, e la salita aumenta la pendenza. Già i miei compagni mi hanno dato un bel distacco, adesso mi doppieranno pure...

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E pensare che Vittorio Emanuele II veniva su di qui almeno una volta all'anno, per andare a caccia di stambecchi. Era tutta proprietà privata, una volta.

10:50 Arrivo ad un primo alpe, Pascieux. I miei compagni ormai sono fuori vista, e il mio stomaco reclama un po' di carburante. Trovo un bel sasso all'ombra, sotto un pino cembro, e mi faccio la pausetta merendina. Nel frattempo diversi altri gitanti passano, compresa una coppia scozzese, già avanti con gli anni, con la quale scambierò diverse frasi sia in salita che discesa, dato che più o meno andiamo alla stessa velocità :-)

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Terminato il riempimento mi rimetto in cammino, mancano ancora un bel po' di metri fin lassù. Intanto il sentiero sopra di me sembra spianarsi, cosa che mi fa ben sperare.

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11:10 Là in alto, appare una croce, e quella che sembra una terrazza. Che sia il rifugio? Dai che non manca molto.

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11:30 Invece no. Fregatura. Il sentiero scende dal costone che ho percorso per portare al secondo ponte, ed iniziare la salita dall'altra parte. E io che avevo detto a delle ragazzine francesi che forse si, il rifugio era quello :-(

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Piccola discesa al ponte...

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...e poi via con lo zigo-zago.

11:40 La cima rossa si avvicina sempre più. Sul terreno segni di basalto, magnetite, e altra robetta geologica. Penso che Amedeo si troverebbe a casa sua qui, e saprebbe spiegarmi molte cose della formazione di queste montagne.

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La fatica non mi impedisce di godermi il Gran Paradiso, che gentilmente si è avvicinato.

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12:20 Sono in zona "croce che ti fa pensare che li ci sia il rifugio". In effetti da qui si vede che si tratta di un alpeggio, e quella che sembrava una terrazza, in realtà è un recinto. In giro solo un lama e due asini.

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Una consolazione c'è: inizio a sentire vento di cresta, in che vuol dire che bene o male cambia la pendenza, lassù. In effetti poco sopra il sentiero inizia a spianare, e appare la conca all'interno della quale si trova il rifugio: bellissima.

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12:35 Un edificio!!!! Un po' piccolo per essere il rifugio... In effetti si tratta del "Casotto del Lauson", e due persone stanno facendo la guardia: Pier e Rita si sono dati il cambio (Pier è arrivato da una buona mezz'ora) per essere sicuri che non mi fossi perso.

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Piccolo dosso, e finalmente appare il complesso di edifici (ben tre) che formano il rifugio.

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Punto di passaggio importante dell'Alta Via #2 della Valle d'Aosta, si trova tra Valnontey e Valsavaranche. C'è un piccolo passo da fare per andare di là, a Q3200. Mi sarebbe piaciuto arrivarci (sono un due orette ancora), ma decisamente sono partito troppo tardi.

Ci ritiariamo nel rifugio per il pranzo, e veniamo serviti da una ragazza del Camerun. Studentessa, parla benissimo l'italiano, è qui per guadagnare qualche soldino. Deve essere ai primi giorni di lavoro, la guardiana (con un bel "Brontolo" scritto sulla maglietta) la insacca a ripetizione. Minestrone, fetta di torta stra-abbondante, thé caldo.

13:45 Nell'oretta di pausa il cielo si è rannuvolato per bene, e siamo preoccupati per il tratto centrale di discesa, sasso-terroso, che se si bagna mi sa che non tiene mica tanto. Tra calo di temperatura esterna, avvio della digestione, e immobilità ci siamo raffreddati, per cui infiliamo quasi tutto ciò che abbiamo prima di iniziare la discesa.

2011.07.25-Rifugio-Vittorio-Sella 0666
Pier è partito un po' prima: la discesa non è il suo forte. Davanti a noi si apre la valletta, che vista da qui ha tutto un altro aspetto :-)

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14:30 Decisamente scendere è più facile che salire: siamo già al ponte.

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Il cielo non è quello d'Iralanda, ma fa la fisarmonica ugualmente. Un po' si apre, un po' si rannuvola nuovamente. Manteniamo il ritmo per cercare di arrivare almeno al secondo ponte prima che inizi a piovere, se proprio deve farlo.

Verticalità.

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Poco sopra il ponte, c'è un secondo sentiero che scende con pendenza costante senza attraversare. Ci sarebbe piaciuto passare di li, ma un bel cartello (visto già durante la salita) indica che è chiuso. Penso arrivi direttamente nel bosco, senza passare neanche il ponte della cascata. Abbiamo discusso in rifugio, e deciso di non rischiare: magari è franato più avanti.

In diverse zone della roccia il colore fa pensare alla presenza di dolomia saccaroide.

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15:30 Tratto centrale terminato. Siamo scesi talmente veloci che abbiamo potuto permetterci anche una piccola pausa presso un insediamento diroccato, complice il vento che spazzato quasi tutte le nubi.

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Da qui la situazione si ritranquillizza. Scendiamo bene, reincontrando la coppia scozzese per l'ennesima volta.  

16:10 Discesa terminata, siamo a Valnontey.

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16:15 Passao l'insediamento, chiedo ai miei compagni di poter sgranchire le gambe, e andare alla mia velocità. Sono solo 3.5 Km fino a Cogne, giusto quel tanto che basta per mettere l'overdrive. Impietositi dalla mia situazione disperata, mi concedono il privilegio. Parto salutando il cavallo che invece di camminare non sembra più aver voglia.

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Le gambe reagiscono bene, e via a due passi al secondo, 1.9 metri, ritmo di corpo e non di testa. Sento appena appena i muscoletti, hanno retto bene a questa prima fatica. In breve mi lascio indietro Rita, Danila e Pier, ed inizio i sorpassi sulla forestale.

16:45 Cogne raggiunta. Mi piazzo su di una sedia del giardino del nostro albergo per attendere il resto della compagnia.

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17:00 Ed eccoli, infne :-)

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Per terminare in bellezza, dopo una bella doccia, cappuccino e giornale, e cenetta deliziosa. Prima giornata memorabile.

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